giovedì 20 marzo 2025

PRESENTAZIONE LANCIO: "DELITTO IN CASA EDITRICE"

Di seguito alcuni momenti della presentazione del giallo 

"Delitto in casa editrice", Fratelli Frilli Editori


da sinistra: Laura Veroni, Manuela Lozza






L'articolo su LA PREALPINA


Per seguire l'intervista condotta da Matteo Inzaghi, direttore di Rete55, clicca QUI










martedì 25 febbraio 2025

DELITTO IN CASA EDITRICE, LAURA VERONI, FRATELLI FRILLI EDITORI


Il corpo senza vita di Luca Orrigoni, proprietario dell’omonima casa editrice, sita in via Robbioni in pieno centro a Varese, viene ritrovato nel suo ufficio dalla segretaria Marina Pillon la mattina seguente all’omicidio. L’uomo ha il volto deturpato da un colpo di proiettile sparato a bruciapelo. La segretaria, sconvolta, chiama la polizia. Il commissario Auteri e il magistrato Elena Macchi giungono sul posto. La Pillon riferisce che il suo capo si era attardato al lavoro, la sera precedente, rimanendo da solo nei locali della casa editrice.     
Nessuna effrazione. Se ne deduce che l’editore abbia aperto al proprio assassino. Lo conosceva? Aveva un appuntamento con lui? E, in quel caso, perché la Pillon ne era all’oscuro?    
Viene data la notizia alla moglie Bianca, la quale aveva trascorso la serata con un’amica e non si era accorta del mancato rientro a casa del marito. 
Dalla donna addetta alle pulizie si viene a sapere della relazione clandestina tra l’editore e una certa Lucrezia Sacchi, aspirante autrice, ma di scarso talento, la quale avrebbe avuto una tresca anche con l’editor della Orrigoni s.r.l., tale Giacomo Del Gaudio. È proprio da questi due personaggi, sui quali ricadono i primi sospetti, che prendono avvio le indagini.     
Come sempre, la Macchi viene supportata dal vice commissario, Antonio Pozzi, che in questo settimo episodio della serie ha un rapporto molto più che professionale con il magistrato.    
Le immagini scaricate da una telecamera posta di fronte alla casa editrice rivelano la presenza di una figura non identificabile entrare nell’edificio intorno all’ora del delitto, secondo quanto stabilito dal medico legale, dottor Gianciotto, e uscirne poco dopo. L’individuo indossa un piumino con cappuccio calato sulla testa e risulta impossibile metterne a fuoco il volto. Un particolare dell’abbigliamento, però, colpisce il P.M.: uno stemma catarifrangente piuttosto singolare. E sarà proprio il piumino a costituire l’elemento decisivo per la soluzione del caso.          

 

mercoledì 19 febbraio 2025

MAFIA E MUSICA TRAP (LA MAFIA TEME LA SCUOLA PIU' DELLA GIUSTIZIA)

 

LA MAFIA E LA MUSICA TRAP

 

Nell’ambito del terzo incontro dal titolo LA MAFIA TEME LA SCUOLA PIU’ DELLA GIUSTIZIA, si è affrontato il rapporto tra la mafia e la musica trap. 

Edoardo Mangini, videomaker, ha mostrato ai docenti presenti il video da lui realizzato con le interviste ad alcuni studenti delle scuole superiori.  
A loro sono state rivolte alcune domande:      
1) Credi che la musica trap abbia un influsso negativo sui giovani?       
Ecco alcune risposte:  
dipende da come l'ascolti,    
dipende da quale lato l'ascolti,      
per i piccoli è pericolosa ma anche per alcuni adolescenti facilmente influenzabili,
dipende dal cantante. 

2) Sei favorevole alla censura dei testi musicali?      
Risposte:   
no, perché alcuni cantano di quello che hanno fatto per vivere, 
per alcune canzoni sì, per altre no. 

3) I trapper scrivono quello che pensano o scrivono per fare audience?  
Risposte:   
alcuni scrivono quello che realmente pensano,
dipende,   
la maggior parte lo fa per attirare visualizzazioni. 

4) I genitori sono d'accordo con la musica trap quando tu l'ascolti?       
Risposte unanimi:       
no. 

5) Quali sono gli aspetti più rilevanti nelle canzoni trap, il testo o la musicalità?
Risposte:  
la musicalità,      
all'inizio ci si focalizza sulla musicalità poi sul testo. 

6) Trovi che il trap rappresenti il mondo adulto di oggi, quando parla di fare soldi e carriera?
Risposte:   
forse è più adatto ai ragazzi di oggi in relazione al loro futuro,   
per i giovani, i trapper sono un modello per arricchirsi. 

7) La criminalità organizzata sfrutta il trap per far passare le proprie idee? Risposte:   
no, perché i trapper sono dei ribelli e non stanno alle regole. 

8) Ci sono simboli nei videoclip delle canzoni trap che evocano la cultura mafiosa? 

Risposte:   
no, si tratta di un gioco di immagini. 

9) I social media sono un'opportunità o uno strumento che fa passare i messaggi mafiosi?     
Risposte:   
sono entrambe le cose. 

10) I trapper influenzano i giovani?        
Risposte:   
la musica trap descrive la vita dei ghetti, quindi no, 
dipende dall'influenzabilità di chi ascolta. 

I ragazzi intervistati hanno saputo fare un distinguo, dimostrando che ascoltano i testi trap in modo critico. 

Il trap è un genere ascoltatissimo dai giovani a partire già dalla terza media, in alcuni casi anche dalla quinta elementare. La musica trap contiene frasi violente nei confronti delle donne e frasi che incitano al consumo di droga. Bisognerebbe quindi parlarne ai ragazzi per far capire loro l’erroneità dei messaggi che vengono trasmessi da questi cantanti, ma occorre trovare la maniera giusta per farlo. Se noi adulti non diamo loro un indirizzo educativo, un modo adeguato per accostarsi a questo tipo di musica, lo faranno comunque da soli, col rischio di “assorbire” i messaggi negativi che emergono da quelle canzoni.    
Una delle questioni più interessanti da affrontare è quella relativa al lusso e ai soldi che vengono trattati nelle canzoni dei trap. Questo è un argomento che bisognerebbe sviscerare con i ragazzi che oggi più che mai inseguono il mito dei soldi facili. C’è da chiedersi perché soldi e successo siano così importanti per i nostri ragazzi. 

La seconda parte dell’incontro viene condotta dal professor Augusto Gentili, musicologo e docente universitario e non solo.     
Il professore domanda alla platea che cosa sia la musica trap.   
Solo tre persone hanno saputo rispondere. 

Il professore precisa subito che il trap non è un genere musicale

Per genere musicale, l'antropologia musicale intende ciò che un gruppo sociale riconosce come musica.    
Esistono un punto di vista esterno e un punto di vista interno da cui considerare il genere musicale. Esiste anche un trap di alta qualità, per esempio in Francia nelle banlieue e in America ma non in Italia.        
In Italia i discografici scelgono una bella ragazza o un ragazzo tipo, pieno di tatuaggi e di piercing, che possano colpire lo spettatore giovane e per loro sono semplicemente macchine da soldi senza talento. 

Un tempo, prima di fare musica si doveva studiare e studiare molto.        
Possiamo definire il trap un genere “poetico triviale” che ha grande influenza sui ragazzini che emulano gli atteggiamenti dei cantanti trapper. E quali sono questi atteggiamenti? Quello del bullo, da parte dei maschi, e quello della ragazza oggetto che si sente tale da parte delle femmine.   
Il trap esercita una fascinazione sui ragazzini per come viene presentato, pur essendo un prodotto di scarsa qualità.     
Nel trap italiano la musica non è significativa. Molti trapper sono finiti in galera. Il professor Gentili ci mostra su YouTube un video di Childish Gambino “This is America”.  
Successivamente alla visione ci fa riflettere sul fatto di quanto il testo sia ripetitivo e ossessivo e di come le immagini siano inneggianti alla violenza gratuita e soprattutto all'indifferenza nei confronti della violenza stessa (nelle immagini ci sono anche uso della droga e prostituzione).
Il messaggio che passa è YOU ARE BARCODE ossia tu fai, consumi, spendi e finisci come un codice a barre.
I trapper italiani non sanno usare la voce, usano sempre l'auto-tune.       
Il docente ci spiega che produrre un brano trap è molto semplice.        
Come fanno i ragazzi di oggi a venire a conoscenza della musica trap? Semplice: attraverso il cellulare, con il quale accedono anche a canali pornografici. Purtroppo oggi non ci sono più paletti, non ci sono più livelli di valori, non ci sono più differenziazioni. Tutto allora è lecito e si può svolgere ovunque e questo è terreno fertile per la malavita.        
Il professore sostiene che in prima media gli studenti siano troppo piccoli per farli riflettere sui messaggi della musica trap, mentre in seconda e terza si può già cominciare a parlare loro di certi argomenti.        
Con le tv commerciali emerge la figura del mediocre. I trapper italiani suscitano questo pensiero nei ragazzi: ce l'ha fatta lui, che è mediocre, posso farcela anch'io.   
I trapper sono dei prodotti non degli artisti. I discografici studiano il target e oggi il target sono i ragazzini dai 10 ai 14 anni.   
Gli effetti del trap sono o nulli o nefasti, non c’è una via di mezzo.        
La musica è nutrimento e, se negativa, in quanto tale può indurre anche a comportamenti violenti.   
Sono stati fatti degli esperimenti sui giovani che ascoltavano musica trap a ripetizione. Successivamente gli stessi mettevano il tabasco nella tisana del compagno che prendeva parte all’esperimento di ascolto dopo di loro anche se non lo conoscevano. Questo deve metterci in guardia sull’effetto che la musica esercita sul cervello di chi la ascolta, inducendo comportamenti conseguenti.
Tra l’altro, oggi si stanno diffondendo sempre di più tra i giovanissimi gli sport costituiti da arti marziali miste, inneggianti alla violenza fine a se stessa.        
Prestiamo dunque molta attenzione.

 

venerdì 11 ottobre 2024

INCONTRO CON LA DOTTORESSA ALESSANDRA CERRETI, PROCURATORE ANTIMAFIA DI MILANO

 

“Bisogna acquisire la forza della ragione e non la ragione della forza”.    
È con questa frase che esordisce la dottoressa Alessandra Cerreti, Procuratore Antimafia di Milano, rivolgendosi ai docenti delle scuole secondarie di Varese, nell’ambito dell’incontro dal titolo OGGI LE MAFIE SONO PIÙ FORTI DI PRIMA. ANCHE QUI.           
Si presenta, raccontandoci di aver lavorato in Calabria con le prime donne pentite della ‘ndrangheta e nell’inchiesta sul sistema mafioso lombardo. Ci parla di casi giudiziari ormai conclusi, dei metodi investigativi usati per intercettare i mafiosi, fa sempre riferimento a situazioni concrete, perché il Procuratore è una donna concreta e invita noi docenti a esserlo con i ragazzi, a scuola, quando parliamo loro di legalità.
È molto importante parlare di persone, di azioni, di reati, di leggi, di ciò che è bene e ciò che non lo è, calandosi nelle situazioni reali, anche ricordando episodi del passato, perché è solo attraverso la realtà (e non attraverso i concetti astratti) che possiamo far comprendere le cose ai nostri alunni.     
Noi insegnanti abbiamo una grande responsabilità, che è quella di formare i giovani che ci vengono affidati dalle famiglie, e dobbiamo farlo al meglio, perché questi ragazzi saranno la società del futuro.

Alessandra Cerreti dice che l'Italia ha ottime leggi e che molte istituzioni straniere hanno preso esempio da noi. Le leggi però vanno aggiornate, perché oggi non si capisce più bene cosa sia la Mafia e cosa non lo sia. La Mafia, infatti, si estende su più fronti, tende a mescolarsi con altre realtà criminali. Ma una cosa è certa: la Mafia teme più la scuola che gli arresti. Come diceva Borsellino, ci vorrebbe un esercito di insegnanti più che un esercito di carabinieri. La Mafia, infatti, è un'organizzazione criminale segreta che teme la cultura, perché la criminalità si nutre di consenso sociale e il consenso sociale si radica più facilmente laddove c’è ignoranza.

Il Procuratore ci esorta a non commettere l'errore di assimilare le Mafie italiane a quelle straniere. La nostra Mafia, infatti, è tra le più pericolose al mondo per la realtà ontologica e storica che ne garantisce la sopravvivenza, proprio in quanto si nutre di consenso sociale, come detto poc’anzi. I mafiosi vogliono che la gente chieda loro favori e che li tema.      
La Cerreti mette a confronto Mafia, ‘ndrangheta, Sacra Corona Unita, Camorra. Ci parla di quando ha lavorato in Sicilia e poi in Calabria, rivela che ci sono pochi sostenitori della procura a Reggio Calabria, mentre ce ne sono di più in Sicilia.    
Durante le numerose intercettazioni telefoniche, nell’ambito di inchieste giudiziarie, i mafiosi dicevano sempre una frase ricorrente: “Se la gente si ribella, siamo fottuti”. È nostro dovere, allora, istruire, informare, formare, al fine di abbattere il consenso sociale.

La Mafia oggi va studiata a più livelli, perché invade tanti campi.              
I mafiosi sono organizzati e la risposta dello Stato deve essere coordinata e coerente.    
Noi docenti dobbiamo spiegare il fenomeno. Abbiamo la responsabilità di creare gli uomini di domani, dobbiamo parlare di Mafia ai ragazzi, dobbiamo spiegare la storia delle organizzazioni mafiose, cosicché imparino a capire quali mani non stringere.      
Andiamo sul concreto, facciamo loro alcune domande, del tipo: Sai che in quel posto ci sono dei cattivi ragazzi? Non ci devi andare. Sai che in quell'altro trovi uno spinello a €5? Non lo devi comprare, perché così finanzi la Mafia.       
              
Per vincere la mafia, dobbiamo innanzitutto superare due stereotipi:                    
PRIMO STEREOTIPO = la sindrome del “NON MI RIGUARDA”.      
Le mafie italiane non sono solo sul nostro territorio.      
Dopo le stragi palermitane, la gente si è ribellata e lo Stato è intervenuto efficacemente, quindi la Mafia si è indebolita, però si è rafforzata la 'ndrangheta.           
Le opere pubbliche sono occasioni di ricchezza per le mafie (vedi il porto di Gioia Tauro col traffico di droga).           
Oggi la 'ndrangheta ha troppi soldi e non sa più dove metterli, quindi nasce il problema del riciclaggio.         
Nella 'ndrangheta la cosca coincide con la famiglia naturale, ci sono legami di sangue, quindi è molto forte.   
Le mafie non mettono i soldi in Calabria, perché vogliono che la loro gente rimanga povera, altrimenti non ha più bisogno di loro.

SECONDO STEREOTIPO da superare: LA MAFIA NON È IMMUTABILE E FERMA, SI EVOLVE, è in mezzo a noi, perciò non dobbiamo avere paura di affrontare i cambiamenti. La Mafia si adatta ai tempi, alle esigenze. Oggi spara un po' meno, soprattutto a Milano, perché il fatto di sangue attira la magistratura. Oggi la Mafia è business, è legata agli affari, investe in Bitcoin. Le mafie aprono centinaia di società per schermare il loro denaro. Si parla di infiltrazione nell'economia legale. La ‘ndrangheta trova le porte spalancate poiché spesso sono proprio gli imprenditori a cercarla.               
Il metaverso, lo spazio virtuale in cui si assottigliano fino ad essere quasi impercettibili le differenze con la realtà, è uno strumento eccezionale nel quale investire per le mafie. Il mafioso non teme l'arresto, anzi è un vanto, teme piuttosto che gli vengano tolti i soldi, perché senza soldi perde potere.             
              
Il Procuratore passa quindi a parlare dell'articolo 41 bis e della questione Cospito. Sostiene che la magistratura stabilisce che il boss sia da mettere in isolamento, se è in posizione apicale, altrimenti è sicuro che, entrando in carcere, arriverà a formarsi la sua cerchia e a comandare all’interno, persino sui secondini. Ma, per fare questo, deve dimostrare che il capomafia ha già cercato di fare proseliti.           
Col 41 bis i capi mafiosi hanno solo un'ora d’aria/di socialità con soltanto tre persone che vengono decise dal magistrato stesso per questioni di sicurezza; hanno inoltre un solo colloquio al mese (non settimanale come gli altri) e parlano col citofono e con il vetro che li separa dall’interlocutore. Questa misura precauzionale viene presa perché non vengano passati messaggi ai famigliari. Infatti i mafiosi li scambiano anche semplicemente con i gesti, quindi vengono registrati durante i colloqui con i parenti. Sono stati trovati addirittura dei pizzini nei pannolini sporchi dei neonati e nei biberon. Le donne dei detenuti sono attenzionate, perché sono coloro che portano i messaggi all'esterno del carcere.

              
Ed ecco che, a questo punto, Alessandra Cerreti affronta la questione serie tivù e canzoni.               
Ci sono serie TV come “Mare fuori” che dipingono il mafioso come un eroe, ci sono i trapper (trap = sottogenere della musica rap, sviluppatosi, a partire dagli anni Novanta del Novecento negli Stati Uniti, come espressione degli ambienti sottoproletari urbani degradati, caratterizzato da testi violenti e aggressivi, ritmati da una musica elettronica fortemente sincopata) che inneggiano alla violenza. Ebbene queste serie e queste canzoni sono molto viste e ascoltate dai ragazzi, senza la supervisione di un adulto.
Le famiglie purtroppo latitano, non controllano i figli, e gli insegnanti si ritrovano investiti da un’onda anomala.          
Cosa possiamo fare allora come docenti?            
Possiamo raccogliere, per esempio, i cellulari in un cestino tutte le mattine, per obbligarli a “staccarsi” dallo strumento che assorbe i loro interessi almeno durante le ore scolastiche (è un gesto simbolico nella secondaria di primo grado, poiché l’uso ne è già vietato), poi dobbiamo bombardarli di argomenti con esempi concreti, parlare loro dell'omertà che va abbattuta, definirli “Angeli Custodi della Legalità”, dobbiamo lasciare un seme nei ragazzi, che possa crescere per la società futura, insegnare che il più forte ha l'obbligo di tutelare il più debole altrimenti è solo un vigliacco.     
Ricordiamoci che tutti insieme possiamo.           
Utilizziamo inoltre episodi del passato per parlare di presente. Diciamo ai nostri ragazzi che per colpa della Mafia anche la loro famiglia è più povera, anche la loro scuola è più povera, anche la loro città è più povera, perché non si possono fare opere di ristrutturazione, aggiustare strade e loro andranno in motorino meno sicuri.  Insegniamo ai ragazzi anche come votare.    

Ma la cosa più importante che possiamo e dobbiamo fare è partire spiegando loro l'importanza del rispetto delle regole. Facciamogli capire che violare le regole è già un atteggiamento mafioso, così come lo è copiare una verifica, perché sono atti illegali. Violare qualsiasi regola è un atteggiamento mafioso.     
Sempre per quanto concerne le canzoni, il Procuratore riferisce che ci sono certi mafiosi ed esponenti della ‘ndrangheta (come il boss poeta Bellocco che scrive dal 41 bis) che scrivono canti di mafia (si veda, per esempio, la “Ninna nanna del malandrineddu”) che vengono usati per fare proseliti in Europa tra gli italiani all'estero.         
Che fare, allora? Più brutta e pericolosa è la canzone, più dobbiamo analizzarla insieme ai nostri studenti; più brutto e più pericoloso è il film, più dobbiamo parlarne con loro. Laddove la famiglia latita, è dovere della scuola e dei docenti INTERVENIRE ED EDUCARE.

FREDDO AL CUORE di Lodovico Festa, Marsilio

 

FREDDO AL CUORE



La storia ha inizio nel settembre del 1994 in pieno governo Berlusconi.  
Il cadavere di Paolo Ettorri, ex sindaco di Corsico, esponente del PCI milanese, viene ritrovato nella vasca del depuratore di Peschiera Borromeo. Si pensa a un omicidio. Viene sospettato Alberto Rosci, della Lega delle cooperative.         
Mario Cavenaghi, ingegnere, ex presidente della Commissione probiviri lombarda del PCI, trasferitosi da tempo a Lugano con la famiglia, viene richiamato a Milano per investigare sul delitto.
La moglie Carla (la Carla, rigorosamente con l’articolo davanti al nome alla maniera lombarda) è una donna saggia e protettiva che vorrebbe il marito lontano dalle questioni politiche e fa di tutto per convincerlo a non incontrare gli ex compagni milanesi, ben sapendo che il marito si lascerà coinvolgere nella vicenda. Ma Cavenaghi era stato amico di Rosci, ex compagno di studi e di impegno politico, e non può non prendersi a cuore il caso. L'ingegnere si trova così coinvolto nelle indagini.             
A Milano incontra vecchi amici, esponenti del PCI, con cui ricorda i tempi ormai trascorsi, prima che lo scandalo tangentopoli scoppiasse nella politica.     
Ci sono momenti nostalgici che riportano il luganese (come viene apostrofato dagli amici, scherzosamente ma non troppo, per essere fuggito dalla Milano corrotta ed essersi trasferito in un'isola felice come la città Svizzera) ai tempi della gioventù e della militanza nel partito. Ed è proprio in nome di quei vecchi tempi e degli ideali che sostenevano allora il partito, che il luganese Cavenaghi accetta di lasciarsi coinvolgere nel caso e di salvare l'amico e compagno Rosci, nonché la sua reputazione, certo della sua integrità morale.

 L'Internazionale, l’inno rivoluzionario per eccellenza, apre e chiude il libro. All'inizio risuona in testa a Cavenaghi tutta notte (Rosso in petto un fiore c’è fiorito, una fede c’è nata in cuor. Noi non siamo più – nelle officine, entro terra, nei campi, in mar – la plebe sempre all’opra china senza ideale in cui sperar) alla fine non turberà più il suo sonno (E così l’ingegner Cavenaghi prese sonno, certo che i suoi sogni non sarebbero stati turbati dalle parole e dalla musica dell’Internazionale).

PERSONAGGI

Il libro pullula di personaggi, la maggior parte creati dalla fantasia dell’autore, ma sono presenti anche personaggi reali, che hanno fatto parte della storia politica del nostro Paese, come Lamberto Dini, ministro del tesoro, Antonio Fazio, governatore di Banca d'Italia, Piercamillo Davigo, il magistrato che ha condotto la lotta contro la corruzione, Umberto Bossi, leader della Lega Lombarda, Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica, Licio Gelli della loggia P2. Vengono inoltre fatti numerosi riferimenti alla mafia, alla camorra e alla ‘ndrangheta degli anni ‘70 e ‘80 e agli scontri tra queste e gli albanesi e i serbi negli anni ‘80 per il loro tentativo di radicarsi nel mercato milanese della droga.

Protagonista assoluto della vicenda è Mario Cavenaghi, ingegnere, ex presidente della commissione dei probiviri del PCI lombardo. Uomo dalla moralità ferrea, dai grandi ideali, nostalgico del tempo in cui il partito era integro. Ha una famiglia con due figli adolescenti e una moglie (la Carla) molto affettuosa e apprensiva, nonché protettiva. Si preoccupa per lui e lo controlla (anche attraverso le telefonate alla sorella Ines), affinché non si cacci nei guai, tanto che il Cavenaghi cerca escamotage per “ingannarla” benevolmente, onde evitarle ogni possibile preoccupazione (le fa credere di essere a Roma, quando si trova in Sicilia e controlla il meteo della capitale per riferire le condizioni del tempo, quando a Roma piove e a Palermo c’è il sole; oppure la fa chiamare dal portiere di un albergo di Roma, in accordo con un amico PM che lo aiuta nelle indagini).
Cavenaghi è molto legato alla famiglia, telefona ogni sera e ogni mattina alla moglie, cercando di tranquillizzarla, rientra a Lugano appena possibile.

Ben delineato anche il personaggio della Ines, la cognata che lo ospita durante il suo soggiorno a Milano, insegnante alle prese con adolescenti scatenati, che ha una relazione con un bidello, amante focoso, relazione della quale il Cavenaghi è contento, poiché la tiene occupata e quindi meno presente nei suoi affari. La Ines, infatti, è la “spia” personale della Carla e le riferisce tutto quello di cui viene a conoscenza circa il cognato. Né lei né la Carla sono a conoscenza della reale attività che Mario svolge nel condurre le indagini, esponendosi a rischi importanti.

Fondamentali i personaggi che aiutano il luganese, ex compagni di università ed ex militanti del partito, nonché altri personaggi di contorno come giornalisti dell’Unità e del Corriere, magistrati, ma anche gente comune come la giornalaia e la farmacista che rappresentano fonti preziose per studiare gli spostamenti di colui che si sospetta essere la talpa all’interno del partito.

 

AMBIENTAZIONE

Fa da sfondo alla storia la Milano degli anni ’90, con le sue vie e i locali di tendenza, nonché bar e ristoranti, dove Cavenaghi si ritrova con i compagni e con gli informatori a discutere del caso.

 

STILE NARRATIVO

Il linguaggio si presenta colto ma allo stesso tempo accessibile, senza particolari ricercatezze formali. Sono presenti molti dialoghi, che conferiscono un ritmo serrato alla narrazione nei momenti clou della storia.

I personaggi sono descritti minuziosamente nel loro aspetto fisico alla loro comparsa sulla scena, tanto che pare di poterli realmente vedere, mentre l’autore ci porta a scoprirli nel loro carattere attraverso lo sviluppo della trama, secondo la tecnica del “show don’t tell”.

Una particolarità dell’autore è quella di condurci con leggerezza nel quotidiano di ognuno di loro, portandoci anche a tavola, dilettandosi a descrivere con dovizia di particolari i piatti serviti ora dalla moglie di uno, ora dell’altro, ora consumati al ristorante. Apprendiamo così che Cavenaghi non disdegna i piaceri della tavola, ma, morigerato anche nell’ambito culinario, si preoccupa di rimettersi in riga, dopo essersi lasciato sedurre dai peccati di gola.

“Freddo al cuore” appartiene alla categoria del giallo classico, quello a enigma, in cui si ha già una vittima a storia avviata, dove quello che conta sono le indagini, le ricostruzioni degli eventi, la ricerca degli indizi per arrivare alla scoperta del colpevole. Niente colpi di scena, dunque, niente suspence, ma una sapiente ricostruzione dei fatti ad opera di un bravo investigatore che poi investigatore non è.

Un giallo ben costruito che porta il lettore a conoscere aspetti della storia di un’Italia di un tempo che fu.

 

Laura Veroni


sabato 18 maggio 2024

NORD IN GIALLO

Oggi pomeriggio, 18 maggio, alle ore 17:45 la presentazione del thriller "L'OMBRA DALLA SCIARPA BLU" a NORD IN GIALLO ore 17:45 Sala Montanari Varese, via Bersaglieri 1.

Conduce Andrea Giacometti.