Il corpo senza vita di
Luca Orrigoni, proprietario dell’omonima casa editrice, sita in via Robbioni in
pieno centro a Varese, viene ritrovato nel suo ufficio dalla segretaria Marina
Pillon la mattina seguente all’omicidio. L’uomo ha il volto deturpato da un
colpo di proiettile sparato a bruciapelo. La segretaria, sconvolta, chiama la
polizia. Il commissario Auteri e il magistrato Elena Macchi giungono sul posto.
La Pillon riferisce che il suo capo si era attardato al lavoro, la sera
precedente, rimanendo da solo nei locali della casa editrice.
Nessuna effrazione. Se ne deduce che l’editore abbia aperto al proprio
assassino. Lo conosceva? Aveva un appuntamento con lui? E, in quel caso, perché
la Pillon ne era all’oscuro?
Viene data la notizia alla moglie Bianca, la quale aveva trascorso la serata
con un’amica e non si era accorta del mancato rientro a casa del marito.
Dalla donna addetta alle pulizie si viene a sapere della relazione clandestina
tra l’editore e una certa Lucrezia Sacchi, aspirante autrice, ma di scarso
talento, la quale avrebbe avuto una tresca anche con l’editor della Orrigoni
s.r.l., tale Giacomo Del Gaudio. È proprio da questi due personaggi, sui quali
ricadono i primi sospetti, che prendono avvio le indagini.
Come sempre, la Macchi viene supportata dal vice commissario, Antonio Pozzi,
che in questo settimo episodio della serie ha un rapporto molto più che
professionale con il magistrato.
Le immagini scaricate da una telecamera posta di fronte alla casa editrice
rivelano la presenza di una figura non identificabile entrare nell’edificio
intorno all’ora del delitto, secondo quanto stabilito dal medico legale, dottor
Gianciotto, e uscirne poco dopo. L’individuo indossa un piumino con cappuccio
calato sulla testa e risulta impossibile metterne a fuoco il volto. Un
particolare dell’abbigliamento, però, colpisce il P.M.: uno stemma
catarifrangente piuttosto singolare. E sarà proprio il piumino a costituire
l’elemento decisivo per la soluzione del caso.
Nessun commento:
Posta un commento