LA COMUNICAZIONE EFFICACE
(appunti personali dal webinar
di Luca Mazzucchelli psicologo)
Mazzucchelli sostiene che
bisogna parlare al cuore dell'interlocutore, comunicando valori differenti da
quelli che lui possiede.
Per questo riporta la propria esperienza agli inizi del suo percorso di
psicologo. Quando venne assunto in una comunità di giovani borseggiatori, aveva
capito che non serviva dire loro che non si devono rubare i portafogli, perché
era come spingerli a rubare ancora di più. A un ladro non serve sentirsi dire
che non deve rubare. Provò allora a porsi in ascolto dei ladruncoli, facendosi
spiegare come si fa a borseggiare. In questo modo aveva cambiato il proprio
punto di vista, il proprio atteggiamento nel relazionarsi, entrando nel mondo dei
ragazzi disadattati e mettendosi in ascolto. A quel punto, anche loro lo
ascoltavano. All'inizio il metodo comunicativo non era efficace.
Mazzucchelli parla della tecnica del parcheggiatore:
ci sono due auto, una in un garage, l'altra che sta fuori ed è inutile che io
voglia fare entrare nel garage l'auto che è fuori, se il garage è già occupato
da un'altra vettura.
Che cosa significa? Innanzitutto, il box rappresenta la testa delle persone e
l'auto che c'è dentro rappresenta invece i valori, i pensieri, le convinzioni.
Se uno nella propria testa ha dei valori, delle idee, delle convinzioni
radicate, è inutile che io cerchi di metterci le mie (che sono rappresentate
dalla seconda auto, quella che sta fuori dal box), perché sarebbe inefficace
spingerli dentro, visto che l'altra testa è già occupata. Allora che cosa devo
fare? Devo mettermi io per primo in ascolto di quelli che sono i valori, i
pensieri, le idee del mondo che occupano la testa del mio interlocutore. Solo
dopo aver ascoltato l'altro posso dire la mia e così le mie idee possono
trovare uno spazio nelle teste degli altri. Non siamo noi quindi a dover
imporre le nostre idee.
Una comunicazione efficace inizia molto prima del momento in cui si apre la
bocca: inizia dal momento dell'ascolto di quelli che sono i bisogni dell'altro.
Occorre quindi partire dalla fine, per una comunicazione efficace, ossia dobbiamo
chiederci: qual è lo scopo che io mi prefiggo di raggiungere nella
comunicazione con l'altro? Una volta che l’ho compreso, devo mettere in atto la
strategia comunicativa. La comunicazione deve quindi mettere le persone in
azione, cioè deve suscitare delle abilità, anche delle competenze, se vogliamo cambiare
il mondo delle persone con cui comunichiamo, ma non è facile, anzi è
impossibile. Per cambiarlo, dobbiamo fare in modo che sia l'altra persona a
volerlo cambiare e questo lo possiamo fare attraverso una comunicazione
efficace, quindi partiamo dalla fine, come dicevamo: qual è l'obiettivo che
voglio conseguire? Una volta chiarito lo scopo, io programmo dall'inizio quello
che devo fare, stabilendo la metodologia, le strategie, i contenuti e così via.
Da dove parte il mio interlocutore? Me lo devo chiedere. Evitiamo anche il
superfluo nella comunicazione, perché il superfluo può distrarre dal vero scopo
della nostra comunicazione. Dobbiamo far emozionare la platea. Non si possono
cambiare le persone, ma possiamo cercare un meccanismo per far sì che loro
decidano di cambiare. Che cosa porta una persona a decidere il proprio cambiamento?
Pensiamo a noi stessi: quando è stata la volta in cui abbiamo deciso per
esempio di cambiare lavoro o di lasciare il nostro partner? Riflettiamo su che
cosa è successo che ci ha spinti a scegliere, a prendere quella decisione. La
risposta è che c’è stata un'emozione dilagante che ha parlato al nostro
cuore e che ci ha portato a prendere una decisione. Bisogna parlare al cuore
delle persone per aiutarle a decidere.
Vediamo spesso la vita in bianco e nero e non siamo attori ma spettatori
passivi, che ci lasciamo scivolare tutto addosso, facciamo ogni giorno sempre
le stesse cose, poi, all'improvviso, per un istante, subentra una forte
emozione e il film di cui siamo spettatori diventa all'improvviso a colori e
allora noi diventiamo attori, ed è a quel punto che decidiamo di prendere in
mano la nostra vita. Domandiamoci perché l'America ha conquistato il mondo. Non
l'ha fatto per l'economia, non l'ha fatto per le guerre, non l'ha fatto per la
potenza politica: l'ha fatto per Hollywood, perché Hollywood ci ha fatto
emozionare, ci ha messo dentro la testa un'idea. Gli americani con i primi film
dei cowboys contro gli indiani ci hanno mostrato gli indiani cattivi e i cowboys
buoni, anche se non è così, ma è quello che ci hanno trasmesso attraverso le
emozioni suscitate dalle pellicole.
Ecco perché gli americani sono diventati una potenza: sono stati convincenti,
perché ci hanno fatto emozionare.
Non è la logica che cambia le persone, ma sono le emozioni.
Lasciare quindi al caso la
nostra abilità comunicativa significa rinunciare allo strumento principe per
avere relazioni gratificanti e a supporto dei nostri obiettivi per far sì che
un'idea si diffonda, cambi il mondo della persona che ci ascolta. Se non
presentiamo bene le nostre idee, non sfrutteremo il loro potenziale
trasformativo sul mondo che ci circonda.
Quindi dobbiamo imparare a fare i “parcheggiatori” con gli altri. Questo non
significa manipolare, ma rendere la comunicazione priva di pregiudizi e a tutti
gli effetti funzionale.
L'ascolto è l'antidepressivo
più potente del mondo.
Consideriamo l'etimologia
della parola comunicazione: comunic-azione è un messaggio che mette la persona
in azione, così come la parola form-azione: quale forma vogliamo dare a chi ci
ascolta, quali abilità, che cosa devono fare dopo il nostro intervento?
Teniamo presente che se non
mettiamo in azione le persone, non stiamo comunicando, ma stiamo semplicemente
parlando.
Per cambiare il mondo quindi
non è sufficiente far riflettere le persone: bisogna metterle in azione.
Chiarito lo scopo, all'inizio
bisognerà immedesimarsi nel proprio interlocutore, guardare la vita dalla sua
visuale per comprendere quello che è il suo punto di partenza, sarà così più
facile mettere a fuoco la strada che dovrà compiere per comprendere la sua tesi.
Partire dalla fine ci aiuta a capire su quali argomenti fare leva per portare
il nostro interlocutore al nostro punto di arrivo.
Facciamo quindi i
parcheggiatori, creiamo spazio nel box mentale del nostro interlocutore,
partiamo dalla fine e immedesimiamoci in lui per comprendere con quali idee,
numeri, aneddoti comporre il tragitto comunicativo da proporgli.
Facciamolo emozionare. Non parliamo quindi alla parte logica di chi ci ascolta
ma alla sua parte emotiva.
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