“Bisogna acquisire la forza della ragione e non la ragione
della forza”.
È con questa frase che esordisce la dottoressa Alessandra Cerreti, Procuratore
Antimafia di Milano, rivolgendosi ai docenti delle scuole secondarie di Varese,
nell’ambito dell’incontro dal titolo OGGI LE MAFIE SONO PIÙ FORTI DI PRIMA.
ANCHE QUI.
Si presenta, raccontandoci di aver lavorato in Calabria con le prime donne
pentite della ‘ndrangheta e nell’inchiesta sul sistema mafioso lombardo. Ci
parla di casi giudiziari ormai conclusi, dei metodi investigativi usati per
intercettare i mafiosi, fa sempre riferimento a situazioni concrete, perché il
Procuratore è una donna concreta e invita noi docenti a esserlo con i ragazzi,
a scuola, quando parliamo loro di legalità.
È molto importante parlare di persone, di azioni, di reati, di leggi, di ciò
che è bene e ciò che non lo è, calandosi nelle situazioni reali, anche
ricordando episodi del passato, perché è solo attraverso la realtà (e non attraverso
i concetti astratti) che possiamo far comprendere le cose ai nostri alunni.
Noi insegnanti abbiamo una grande responsabilità, che è quella di formare i
giovani che ci vengono affidati dalle famiglie, e dobbiamo farlo al meglio,
perché questi ragazzi saranno la società del futuro.
Alessandra Cerreti dice che l'Italia ha ottime leggi e che
molte istituzioni straniere hanno preso esempio da noi. Le leggi però vanno
aggiornate, perché oggi non si capisce più bene cosa sia la Mafia e cosa non lo
sia. La Mafia, infatti, si estende su più fronti, tende a mescolarsi con altre
realtà criminali. Ma una cosa è certa: la Mafia teme più la scuola che gli
arresti. Come diceva Borsellino, ci vorrebbe un esercito di insegnanti più che
un esercito di carabinieri. La Mafia, infatti, è un'organizzazione criminale
segreta che teme la cultura, perché la criminalità si nutre di consenso sociale
e il consenso sociale si radica più facilmente laddove c’è ignoranza.
Il Procuratore ci esorta a non commettere l'errore di
assimilare le Mafie italiane a quelle straniere. La nostra Mafia, infatti, è
tra le più pericolose al mondo per la realtà ontologica e storica che ne
garantisce la sopravvivenza, proprio in quanto si nutre di consenso sociale,
come detto poc’anzi. I mafiosi vogliono che la gente chieda loro favori e che
li tema.
La Cerreti mette a confronto Mafia, ‘ndrangheta, Sacra Corona Unita, Camorra.
Ci parla di quando ha lavorato in Sicilia e poi in Calabria, rivela che ci sono
pochi sostenitori della procura a Reggio Calabria, mentre ce ne sono di più in
Sicilia.
Durante le numerose intercettazioni telefoniche, nell’ambito di inchieste
giudiziarie, i mafiosi dicevano sempre una frase ricorrente: “Se la gente si
ribella, siamo fottuti”. È nostro dovere, allora, istruire, informare, formare,
al fine di abbattere il consenso sociale.
La Mafia oggi va studiata a più livelli, perché invade tanti
campi.
I mafiosi sono organizzati e la risposta dello Stato deve essere coordinata e
coerente.
Noi docenti dobbiamo spiegare il fenomeno. Abbiamo la responsabilità di creare
gli uomini di domani, dobbiamo parlare di Mafia ai ragazzi, dobbiamo spiegare
la storia delle organizzazioni mafiose, cosicché imparino a capire quali mani
non stringere.
Andiamo sul concreto, facciamo loro alcune domande, del tipo: Sai che in quel
posto ci sono dei cattivi ragazzi? Non ci devi andare. Sai che in quell'altro trovi
uno spinello a €5? Non lo devi comprare, perché così finanzi la Mafia.
Per vincere la mafia, dobbiamo innanzitutto superare due stereotipi:
PRIMO STEREOTIPO = la sindrome del “NON MI RIGUARDA”.
Le mafie italiane non sono solo sul nostro territorio.
Dopo le stragi palermitane, la gente si è ribellata e lo Stato è intervenuto
efficacemente, quindi la Mafia si è indebolita, però si è rafforzata la
'ndrangheta.
Le opere pubbliche sono occasioni di ricchezza per le mafie (vedi il porto di
Gioia Tauro col traffico di droga).
Oggi la 'ndrangheta ha troppi soldi e non sa più dove metterli, quindi nasce il
problema del riciclaggio.
Nella 'ndrangheta la cosca coincide con la famiglia naturale, ci sono legami di
sangue, quindi è molto forte.
Le mafie non mettono i soldi in Calabria, perché vogliono che la loro gente
rimanga povera, altrimenti non ha più bisogno di loro.
SECONDO STEREOTIPO da superare: LA MAFIA NON È IMMUTABILE E
FERMA, SI EVOLVE, è in mezzo a noi, perciò non dobbiamo avere paura di
affrontare i cambiamenti. La Mafia si adatta ai tempi, alle esigenze. Oggi
spara un po' meno, soprattutto a Milano, perché il fatto di sangue attira la
magistratura. Oggi la Mafia è business, è legata agli affari, investe in
Bitcoin. Le mafie aprono centinaia di società per schermare il loro denaro. Si
parla di infiltrazione nell'economia legale. La ‘ndrangheta trova le porte
spalancate poiché spesso sono proprio gli imprenditori a cercarla.
Il metaverso, lo spazio virtuale in cui si assottigliano fino ad essere quasi
impercettibili le differenze con la realtà, è uno strumento eccezionale nel
quale investire per le mafie. Il mafioso non teme l'arresto, anzi è un vanto,
teme piuttosto che gli vengano tolti i soldi, perché senza soldi perde potere.
Il Procuratore passa quindi a parlare dell'articolo 41 bis e della questione Cospito.
Sostiene che la magistratura stabilisce che il boss sia da mettere in
isolamento, se è in posizione apicale, altrimenti è sicuro che, entrando in
carcere, arriverà a formarsi la sua cerchia e a comandare all’interno, persino sui
secondini. Ma, per fare questo, deve dimostrare che il capomafia ha già cercato
di fare proseliti.
Col 41 bis i capi mafiosi hanno solo un'ora d’aria/di socialità con soltanto
tre persone che vengono decise dal magistrato stesso per questioni di sicurezza;
hanno inoltre un solo colloquio al mese (non settimanale come gli altri) e
parlano col citofono e con il vetro che li separa dall’interlocutore. Questa
misura precauzionale viene presa perché non vengano passati messaggi ai
famigliari. Infatti i mafiosi li scambiano anche semplicemente con i gesti,
quindi vengono registrati durante i colloqui con i parenti. Sono stati trovati
addirittura dei pizzini nei pannolini sporchi dei neonati e nei biberon. Le
donne dei detenuti sono attenzionate, perché sono coloro che portano i messaggi
all'esterno del carcere.
Ed ecco che, a questo punto, Alessandra Cerreti affronta la questione serie
tivù e canzoni.
Ci sono serie TV come “Mare fuori” che dipingono il mafioso come un eroe, ci
sono i trapper (trap = sottogenere della musica rap, sviluppatosi, a partire
dagli anni Novanta del Novecento negli Stati Uniti, come espressione degli
ambienti sottoproletari urbani degradati, caratterizzato da testi violenti e
aggressivi, ritmati da una musica elettronica fortemente sincopata) che
inneggiano alla violenza. Ebbene queste serie e queste canzoni sono molto viste
e ascoltate dai ragazzi, senza la supervisione di un adulto.
Le famiglie purtroppo latitano, non controllano i figli, e gli insegnanti si
ritrovano investiti da un’onda anomala.
Cosa possiamo fare allora come docenti?
Possiamo raccogliere, per esempio, i cellulari in un cestino tutte le mattine, per
obbligarli a “staccarsi” dallo strumento che assorbe i loro interessi almeno
durante le ore scolastiche (è un gesto simbolico nella secondaria di primo
grado, poiché l’uso ne è già vietato), poi dobbiamo bombardarli di argomenti
con esempi concreti, parlare loro dell'omertà che va abbattuta, definirli “Angeli
Custodi della Legalità”, dobbiamo lasciare un seme nei ragazzi, che possa
crescere per la società futura, insegnare che il più forte ha l'obbligo di
tutelare il più debole altrimenti è solo un vigliacco.
Ricordiamoci che tutti insieme possiamo.
Utilizziamo inoltre episodi del passato per parlare di presente. Diciamo ai
nostri ragazzi che per colpa della Mafia anche la loro famiglia è più povera,
anche la loro scuola è più povera, anche la loro città è più povera, perché non
si possono fare opere di ristrutturazione, aggiustare strade e loro andranno in
motorino meno sicuri. Insegniamo ai
ragazzi anche come votare.
Ma la cosa più importante che possiamo e dobbiamo fare è partire spiegando loro
l'importanza del rispetto delle regole. Facciamogli capire che violare le
regole è già un atteggiamento mafioso, così come lo è copiare una verifica,
perché sono atti illegali. Violare qualsiasi regola è un atteggiamento mafioso.
Sempre per quanto concerne le canzoni, il Procuratore riferisce che ci sono
certi mafiosi ed esponenti della ‘ndrangheta (come il boss poeta Bellocco che
scrive dal 41 bis) che scrivono canti di mafia (si veda, per esempio, la “Ninna
nanna del malandrineddu”) che vengono usati per fare proseliti in Europa tra
gli italiani all'estero.
Che fare, allora? Più brutta e pericolosa è la canzone, più dobbiamo
analizzarla insieme ai nostri studenti; più brutto e più pericoloso è il film,
più dobbiamo parlarne con loro. Laddove la famiglia latita, è dovere della
scuola e dei docenti INTERVENIRE ED EDUCARE.
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