mercoledì 24 giugno 2020

LIBROTERAPIA


LIBROTERAPIA

Ma che bella emozione, ma che bello è stato prendere parte alla trasmissione televisiva "Vivere Bene" di Leandro Ungaro!
Leandro Ungaro,
ideatore della trasmissione "Vivere bene"

Devo ammettere che non sapevo esistesse una biblioterapia o libroterapia, che dir si voglia (pur nelle sfumature di significato o piuttosto di applicazione dell'una e dell'altra), ma, grazie a lui, mi sono documentata e così ho scoperto in che cosa consiste. Non solo: mi sono resa conto di avere fatto io stessa della lettura una terapia per me, per la mia vita, sia nell'adolescenza che nell'età adulta, e ho realizzato di "fare terapia" anche con i miei alunni e di averla fatta, a suo tempo, con i miei figli.


      
E' stato bello aver portato negli studi di Rete55 la mia esperienza di lettrice, di scrittrice e di educatrice.    


Mio compagno in questa avventura televisiva è stato Marco Paganini, psicoterapeuta e libroterapeuta.   
Leandro Ungaro, ideatore del programma, è stato un perfetto ospite e  conduttore. L'intero staff è stato fantastico: professionale, preciso, puntuale. L'unico neo, se se ne può trovare uno, è stato il tempo a nostra disposizione. Avrei avuto mille altre cose da dire, ma mi sono limitata all'essenziale che spero, comunque, possa arrivare al pubblico e risultare di una certa utilità (come diceva Manzoni: il vero per soggetto, l'utile per fine, l'interessante per mezzo). Sarebbe stato bello colloquiare ancora con Leandro e Marco su questo argomento.  
Dott. Marco Paganini
psicoterapeuta e libroterapeuta
   

Seguo "Vivere Bene" da tempo, praticamente da quando la trasmissione è nata, e trovo molto interessanti le puntate, gli argomenti trattati e gli esperti che partecipano, sempre molto competenti, ragion per cui essere stata inserita io stessa nel programma per ciò che rappresento mi inorgoglisce davvero tanto.   
Non volendo lasciare in sospeso le cose che avevo da dire, ho deciso di scriverle qui, nel mio blog, per poi condividerle con Leandro, nella speranza possano risultare di utilità a qualcuno.
Non posso non introdurre l'argomento spiegando in che cosa consistono la LIBROTERAPIA e la BIBLIOTERAPIA.  
Come ha detto il Dottor Marco Paganini, la differenza è minima e spesso i due termini vengono confusi, ma la loro applicazione è differente: la libroterapia si occupa della "crescita" interiore dell'individuo, mentre la biblioterapia trova applicazione nel "campo ospedaliero", come cura dei pazienti affetti da problematiche psichiche. Entrambe mirano alla “ricerca del benessere psicologico”.        
Le radici della libroterapia affondano addirittura nell’antica Grecia, dove Aristotele credeva che la letteratura avesse effetti di guarigione. Anche gli antichi romani riconobbero l’esistenza di un rapporto tra medicina e lettura e lo sviluppo di questa tecnica è proseguito fino al XVIII° secolo, quando in Europa le biblioteche entrarono a fare parte degli ospedali psichiatrici.

Ma passiamo a vedere quali sono gli effetti benefici della lettura.     
LEGGERE: 
STIMOLA LA MENTE   
RIDUCE LO STRESS    
MIGLIORA LE CONOSCENZE
ESPANDE IL VOCABOLARIO 
MIGLIORA LA MEMORIA      
RENDE PIÙ FORTE LA CAPACITÀ ANALITICA DEL PENSIERO    
MIGLIORA IL LIVELLO DI ATTENZIONE E DI CONCENTRAZIONE       
MIGLIORA LE ABILITÀ DI SCRITTURA   
PROVOCA TRANQUILLITÀ.

Alla domanda come stimolo i miei alunni alla lettura, io rispondo così: 
Laura Veroni, pedagogista,
docente di Lettere, scrittrice
     

Faccio leggere i ragazzi, invitandoli ad una lettura espressiva, intonata (cosa che raramente avviene, preoccupati come sono di non sbagliare le parole, e che richiede molto esercizio), poi leggo io stessa brani scelti da Antologie scolastiche (argomenti: adolescenza, rapporto con i coetanei, rapporto con i genitori, rapporto con figure di riferimento; racconti sull'amore adolescenziale che li coinvolgano in prima persona, con avvio di dibattiti o stesura di elaborati scritti; lettura di poesie che tocchino i sentimenti; lettura di storie che scuotano la coscienza tipo racconti di guerra, storie vere, lettere, testi toccanti come "Se questo è un uomo". Cito libri da me letti, che mi hanno lasciato un segno, glieli racconto, cercando di affascinarli).     
Spesso faccio seguire un lavoro scritto, di interpretazione del testo, di comprensione dei personaggi e del loro punto di vista, nonché di immedesimazione. Chiedo una riflessione: se tu fossi quel personaggio, come ti saresti comportato in quella situazione? Avresti agito come lui o diversamente e perché? Questo aiuta i ragazzi a considerare non solo la propria posizione ma anche quella altrui, li porta a capire che non c'è una sola verità (la propria), ma che esiste anche quella degli altri. Con i miei studenti più piccoli metto in atto un'altra strategia: stravolgere le fiabe. Mi piace partire dalla lettura di fiabe classiche che si concludono con la frase "... e vissero tutti felici e contenti" e lasciare loro la libertà di inventare il seguito della storia. Saranno davvero tutti felici e contenti? Vi assicuro che ne escono delle belle: il principe che, dopo mille peripezie, ha finalmente sposato la sua principessa, la tradisce dopo il matrimonio e la fa soffrire (o viceversa), i ricchi diventano poveri, i figli rinnegano i genitori o scappano di casa, le coppie si scoprono incompatibili... Insomma, le loro fiabe si trasformano più in storie verosimili e adeguate al mondo reale che a quello della fantasia. Altre volte mi piace invitarli a partire dal personaggio più brutto della storia, dal cattivo e antipatico, per provare a spiegare il perché sia così. Della serie: cattivi si nasce o si diventa? Li spingo a narrare situazioni che possano avere indotto il cattivo a divenire tale. E anche qui, i ragazzi dimostrano di avere molta creatività, ma anche senso della realtà.

A chi volesse sapere che "tipi" di letture ho fatto nella mia vita, dico che da piccola non riuscivo ad appassionarmi alla lettura. Mio padre mi comprava libri di avventura (Salgari) e fumetti (Asterix), ma non c'era nulla da fare.        
Il primo romanzo che ho letto (per mia scelta) è stato "Piccole donne" di Louisa May Alcott. Per la prima volta mi sono sentita trasportare in un mondo che non era quello reale nel quale vivevo, ma uno molto più bello. Mi è sembrato di vivere la vita delle quattro sorelle March (Jo, Meg, Beth, Amy), ho sentito molto vicina a me Jo, la ragazza ribelle, divenuta poi scrittrice. Il libro, un classico della letteratura per l'infanzia, viene spesso consigliato dagli insegnanti ai ragazzi. Viene molto preso in considerazione anche dalla pedagogia, in quanto il tema principale non è solo la famiglia e come gli insegnamenti dei genitori si riflettano sui figli, bensì la crescita e la trasformazione interiore da adolescenti ad adulti. Un po' come l'altro classico, "Il piccolo principe" di Antoine de Saint-Exupery, ricco di insegnamenti per la vita non solo dei piccoli ma anche dei grandi.   
Ho scoperto poi la serie dei gialli di Nancy Drew di Carolyn Keene, che mi ha appassionata tantissimo (appena smettevo di fare i compiti, mi immergevo nella lettura).      
Durante la preadolescenza ho letto molti romanzi per adolescenti, nei quali ritrovarmi ("Marta quasi donna", per esempio).    
Poi ho cominciato con i romanzi "da grandi". Mi aveva coinvolta molto la storia di Desideria in "La vita interiore" di Moravia.   
Un romanzo che ho molto amato è stato "Cime tempestose", di Emily Bronte, ma anche "Jane Eyre" di Charlotte Bronte.   
A 18 anni mi sono appassionata a "I promessi Sposi" del Manzoni.   
Come autore ho amato molto Dostoevsky. Quelle erano tutte letture suggerite dal mio professore di lettere del liceo classico.  
Arrivata all'età adulta, ho cominciato a esplorare altre strade. Sentivo l'esigenza di conoscermi, di capirmi, di comprendere la mia interiorità e sono passata a libri quali: 


"Crescere" di Piero Ferrucci, un libro che offre numerosi esercizi psicologici di immediata e semplice attuazione, per esplorare i panorami sconosciuti della psiche, trasformare le emozioni negative, dare impulso alla propria evoluzione personale e attingere alle proprie risorse creative latenti;       
"L'Enneagramma" di Helen Palmer, che fa corrispondere la personalità degli esseri umani a nove tipi psicologici diversi, nei quali ciascuno si può riconoscere con precisione, una proposta di un viaggio attraverso le nove tipologie caratteriali di base, alla scoperta di ciò che ci porta a reagire in forma stereotipata nei confronti della vita e degli altri, nonché di ciò che può portarci alla regressione e alla malattia o alla libertà e al benessere;       
alcuni libri sui "Chakra";      
"La profezia di Celestino" di James Redfield;  
"La Psicosintesi" di Roberto Assagioli;    
e poi libri sull'aldilà, su esperienze ultrasensoriali, ma ho abbandonato presto quella strada, per tornare al romanzo.      
Ho letto i libri di Fabio Volo, rilassanti e coinvolgenti in modo leggero e disimpegnato, ma nei quali ho ritrovato aspetti della vita quotidiana che ci accomunano un po' tutti, ed è questa la formula vincente dell'autore, a mio parere: la semplicità di una vita condivisa.        
Ho letto libri meravigliosi come "Il cacciatore di aquiloni", libri sulla condizione delle donne nel mondo islamico (libri che fanno molto riflettere sulla libertà e sulla dignità delle donne).        
Tra i romanzi che ho preferito cito: "Non ti muovere" (ho pianto tanto, sono entrata nell'amore disperato tra Italia e Timoteo); "Splendore", "Venuto al Mondo", "Nessuno si salva da solo", tutti della Mazzantini.    
Di Ammaniti ho amato "Come Dio comanda", "Ti prendo e ti porto via", "Anna". Poi ho cominciato con i gialli, i thriller, gli horror. Ho letto libri di Stephen King come "La metà oscura", "The outsider" (ma non è il mio genere preferito e l'ho abbandonato presto, pur riconoscendo la genialità e la grandezza dell'autore).
Ho letto Agatha Christie e giallisti contemporanei, soprattutto stranieri (mi sono fagocitata di libri di questo genere, per trarre suggerimenti nella stesura dei miei, pertanto ne ho divorato uno dietro l'altro, dimenticando poi titoli e trame o confondendole tra loro. Ma qualcosa immagino sia rimasto, almeno spero, non fossero altro che gli insegnamenti nelle tecniche della scrittura di genere). Ho molto apprezzato autori come Dan Brown, Giorgio Faletti, Donato Carrisi (il top per me).   
Ritengo che il mio genere preferito, comunque, sia il romanzo, anche se l'ho abbandonato negli ultimi anni, indirizzandomi sul genere giallo per motivi di "lavoro". Però il giallo suscita emozioni momentanee (nei thriller e negli hard boyled, principalmente), ma non lascia nulla alla fine, nessun insegnamento, nessuna traccia interiore. Un romanzo, invece, quando è ben scritto ed è supportato da una storia convincente nonché coinvolgente, ti trascina nel suo mondo, ti porta via, ti fa sognare, ti fa amare, ti fa soffrire, ti fa condividere emozioni, sentimenti, angosce, tristezze, gioie. Capisci che non sei il solo/la sola a provare determinate cose, a vivere situazioni difficili o sgradevoli, e cerchi di trarre conforto dalle esperienze vissute da personaggi che sembrano entrare a far parte del tuo quotidiano. Pensi che, se ce l'ha fatta lui, puoi farcela anche tu. E qui il libro diventa davvero terapeutico.  
Un altro libro che ho amato molto è stato "Acciaio" di Silvia Avallone. 
Tutte quelle che ho citato sono naturalmente solo una minima parte delle letture alle quali mi sono dedicata.   
Il libro è o dovrebbe essere un compagno di viaggio nella vita di ognuno. Leggere spalanca la mente, apre orizzonti, porta a capire se stessi ma anche gli altri. Il potere delle parole è infinito.

Se dovessi consigliare letture ai ragazzi in età preadolescenziale, suggerirei i seguenti titoli:
"Camminare, correre, volare" di Sabrina Rondinelli e "Obbligo o verità" di Annika Thor, entrambi sul tema del bullismo    
"Wonder" di R.J. Palacio sull'accettazione del "diverso"    
"Anna" di Niccolò Ammanniti, sulla sopravvivenza di due ragazzini lasciati soli tra le macerie di un mondo adulto sterminato da un’influenza  
"Il giornalino di Gian Burrasca" , di Vamba    
"Il diario di Anna Frank"      
"Mio fratello rincorre i dinosauri", di Giacomo Mazzariol, sul tema della diversità (sindrome di Down)   
"L'amico ritrovato", di Fred Hulman sul razzismo contro gli ebrei      
"Alle sette del mattino il mondo è ancora in ordine", di Eric Malpass, carico di arguto umorismo. Un'escursione divertente nei territori minati del microcosmo familiare, in compagnia di un bambino.  
"Il giardino segreto", di Frances Hodgson Burnett, sul potere dell'amicizia  
"Il sentiero dei nidi di ragno", di Italo Calvino, sulla Resistenza vista attraverso gli occhi di un bambino.      
"Nelle terre selvagge", di Gary Paulsen, romanzo di formazione e d’avventura e, naturalmente, "Piccole Donne", di Louisa May Alcott, romanzo di formazione.

Dal momento che sono anche una scrittrice, vorrei concludere rispondendo a un'ultima domanda: PERCHÉ SCRIVERE?
Per me è sempre stata una necessità da un certo punto della vita in poi. A cominciare con il diario personale che scrivevo alle medie e nei primi anni delle superiori, per arrivare a scrivere lettere ai miei genitori per farmi capire (nell'età dei rapporti difficili genitori/figli). Poi è arrivata la fase della scrittura di esperienze e di emozioni. Sentivo l'urgenza di esprimere i miei sentimenti. Pertanto ho cominciato a trasporli su carta sotto forma di racconti; poi ho scritto "I ricordi di Lalla" (autobiografico, nato per narrare qualcosa di vero a miei figli, invece della solita fiaba della Buonanotte, che, comunque, non è mai mancata) e poi ho creato un sito, trasformatosi in seguito in blog, nel quale raccoglievo di tutto (anche commenti su fatti di cronaca che mi avevano particolarmente colpita). A un certo punto ho provato a partecipare ad alcuni concorsi con racconti nell'ambito sociale (Progetto "Narrativo presente") e poi nel campo del giallo (GialloStresa). Da quel momento, avendone vinti diversi, ho cominciato a scrivere libri, gialli principalmente, ma anche romanzi, nei quali ho maggiore spazio di espressione, anche se, purtroppo, è un genere che oggi attira meno del giallo.
La scrittura per me è sempre stata più terapeutica rispetto alla lettura, perché nello scrivere metto molto di me stessa.       





domenica 21 giugno 2020

Lettera d'amore... (di Amelia M.)



Ci sono lettere che emozionano profondamente, proprio come questa, scritta da una ragazza di tredici anni che, per privacy, ha preferito non indicare il destinatario.
Lei si chiama Amelia e mi ha dato il permesso di rendere pubbliche le sue parole.

Varese, 18/11/2019



       
        Cara Persona,
       
non avrei mai pensato di scrivere su carta i miei sentimenti, ma la vita è imprevedibile, ti butta in situazioni che devi saper gestire al meglio.
Non sono mai stata brava a esprimere al cento per cento ciò che provo, forse per paura di essere presa con superficialità.    
Non sono mai stata capace di controllare il mio istinto, quello che critichi spesso, vedendo i miei sbalzi d’umore e i miei scatti di ira improvvisi, che, ti svelo, hanno sempre una motivazione di base.  
Non sono mai riuscita a non perdonarti, nonostante tu mi abbia ferito spesso, nonostante tu mi abbia spinto una lama nel petto un milione di volte.
Non sono mai riuscita a chiederti scusa, quella dannata parola composta da cinque lettere che faccio fatica a formulare con te.    
Vorrei tanto che tu ti spogliassi di quella maschera che indossi ogni mattina prima di uscire di casa, vorrei tanto che tu ti spogliassi delle insicurezze che ti affliggono, vorrei tanto che non provassi vergogna per le tue lacrime, quelle che hai nascosto e che continui a nascondere.
Vorrei tanto non tremare, mentre ti racconto un pezzo di me. 
Riesci a captare quei piccoli particolari che nessuno era mai riuscito a fare, e mi spaventa, mi spaventa terribilmente, ma sto provando a chiudere un occhio per non bloccarmi.
Bloccarmi da cosa? Dal non scappare da te, che sarebbe un po’ scappare da me stessa, perché, quando si tratta di questo, sono una codarda. 
Dietro la mia freddezza c’è del dolce.   
Mi mancherà rispecchiarmi nei tuoi occhi, di quel colore strano, che mi fanno perdere il senso dell’orientamento.     
Non so cosa accadrà in futuro, ma sono pronta a scoprirlo, magari da sola o magari con te.
Chissà se le nostre strade si separeranno o resteranno collegate da quel filo sottile?
Chissà se ci rincontreremo da qualche parte, magari una sera, quando meno ce l’aspettiamo?
È tutto così incerto, è tutto così complicato e bello.
Credo nel destino e, se sarà, in qualche modo faremo.   
Spero un giorno di risentire il tuo profumo, che ormai, sa di casa.

Amelia M.



giovedì 4 giugno 2020

LETTERA ALLA TERZA E


Anni fa, ero solita concludere l'anno scolastico scrivendo una lettera alle mie classi in uscita dalla scuola media. Da tempo non lo facevo più, non so nemmeno io perché.          
Questa volta, invece, ho SCELTO di scrivere ancora e voglio farlo lasciandovi con una riflessione. 
Lasciandovi... Ci pensate? E' il nostro ultimo anno insieme. Non vi dispiace un po'? Coraggio, su la mano: chi avverte una sorta di rimescolamento dentro la pancia? Cosa sarà mai? Ansia degli esami? Timore di quello che sarà il vostro prossimo anno, di quello che sarà il vostro futuro, la vostra vita? Io vi ho accompagnati fino a qui, ragazzi miei, ora tocca a voi proseguire il vostro viaggio senza di me. Le nostre strade si separano. Fa un certo effetto, vero?
Vedete, prendere una classe, per una docente di Lettere, che trascorre dieci ore alla settimana per tre anni insieme ai suoi alunni, è un po' come prendere dei "figli" e supportarli nel loro cammino di crescita in quella che è una fase di transizione molto importante della vita di ogni individuo: il passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Vi accogliamo bambini e vi lasciamo adolescenti. In mezzo, per tutta la durata dei tre anni della secondaria, c'è la preadolescenza, che è una fase di grande stravolgimento, in cui cambia la vostra testa e cambia il vostro corpo. Mica roba da poco!           
Alla fine di un percorso, si è soliti tirare le somme e sono certa che lo state facendo anche voi.
Che cosa hanno rappresentato questi anni, come li avete vissuti, che cosa vi porterete dietro nel tempo? I ricordi, sicuramente, ma forse (spero) anche gli insegnamenti che i vostri professori vi hanno lasciato (qualcuno più di altri, per aver trascorso con voi un maggior numero di ore).        
Sapete, io ho molta nostalgia dei miei anni della scuola media. Posso affermare con certezza che sono stati i più belli della mia vita (scolasticamente parlando): ho affrontato nuovi studi, ho imparato tante cose che hanno arricchito il mio bagaglio di conoscenze, ho avuto insegnanti che mi hanno dato tanto e che ricordo ancora con affetto, mi sono percepita crescere, ho iniziato ad affermare la mia autonomia nei confronti della famiglia, ho coltivato amicizie importanti,  ho imparato a vedere il mondo come una realtà nella quale tuffarmi per sperimentare il  nuovo, il bello carico di attese e di speranze, di progetti, di sogni per il mio futuro, che immaginavo meraviglioso. Ero nel pieno della fiducia verso la vita che mi figuravo sarebbe stata fantastica e, devo dire, che lo è stata davvero, perché ho realizzato quasi tutti i miei sogni.           
A proposito di sogni... immagino che anche voi ne avrete tanti. Sapete una cosa? Dovete crederci, crederci fermamente, fino in fondo, se volete che si avverino. Dovete mettercela tutta. E questo significa solo una cosa: ABNEGAZIONE. Non vi spiegherò che cosa significhi questa parola: lascerò a voi la scoperta. Sappiate che la vita è fatica, è impegno, è sacrificio in vista della CONQUISTA.  E la conquista è e deve essere il vostro obiettivo, se volete vivere pienamente e consapevolmente. Fatelo! Questo è il mio augurio. Ognuno di noi ha dentro di sé la forza per affrontare ciò che lo aspetta: non ignoratela. Fate di tutto per raggiungere i vostri obiettivi, non abbandonatevi all'inedia, non arrendetevi davanti alle difficoltà che ci saranno, imparate a ingoiare i bocconi amari che verranno, le sofferenze di fronte alla sconfitte: fa tutto parte del gioco. Ma, alla fine, il premio c'è. Parola di prof.   
Ma torniamo a noi...  
La Didattica a Distanza o DAD, come ci piace chiamarla, mi ha consentito di conoscervi meglio, cosa che non avrei mai immaginato. Ho scoperto persone oneste, corrette, impegnate, che hanno dato il massimo per completare questo anno straordinario (nel senso di fuori dall'ordinario, non certo di bello) e ho scoperto persone che invece non lo sono state.   
La maggior parte di voi, però, si è mostrata piena di buona volontà, ce l'ha messa tutta per superare gli ostacoli, ha rispettato le regole. Qualcuno, purtroppo, si è arreso, ha gettato la spugna, ha preferito l'inganno all'onestà, e questo mi ha rattristata davvero tanto.         
Molti di voi mi hanno resa orgogliosa di esservi stata insegnante/educatrice, pochi (fortunatamente) mi hanno delusa e hanno lasciato dentro di me un senso di amara sconfitta nel mio ruolo educante. 
Ho aperto questa lettera dicendo che ho SCELTO di lasciarvi con una riflessione e la riflessione riguarda proprio l'ABNEGAZIONE cui ho fatto cenno sopra, con tutte le parole che sono conseguite.         
Ora, però, è arrivato il momento di salutarvi.           
Auguro a tutti voi indistintamente BUONA VITA, nella speranza che possiate realizzare voi stessi al meglio, tirando fuori quel seme che SPERO ARDENTEMENTE di essere stata capace, al di là di tutto, di instillare in ognuno, anche in chi ha pensato di gettare la spugna.  

         
Non dimenticatemi.