lunedì 10 agosto 2020

LA COMUNICAZIONE EFFICACE

 

LA COMUNICAZIONE EFFICACE

 

(appunti personali dal webinar di Luca Mazzucchelli psicologo)

Mazzucchelli sostiene che bisogna parlare al cuore dell'interlocutore, comunicando valori differenti da quelli che lui possiede.   
Per questo riporta la propria esperienza agli inizi del suo percorso di psicologo. Quando venne assunto in una comunità di giovani borseggiatori, aveva capito che non serviva dire loro che non si devono rubare i portafogli, perché era come spingerli a rubare ancora di più. A un ladro non serve sentirsi dire che non deve rubare. Provò allora a porsi in ascolto dei ladruncoli, facendosi spiegare come si fa a borseggiare. In questo modo aveva cambiato il proprio punto di vista, il proprio atteggiamento nel relazionarsi, entrando nel mondo dei ragazzi disadattati e mettendosi in ascolto. A quel punto, anche loro lo ascoltavano. All'inizio il metodo comunicativo non era efficace.       
Mazzucchelli parla della tecnica del parcheggiatore: 
ci sono due auto, una in un garage, l'altra che sta fuori ed è inutile che io voglia fare entrare nel garage l'auto che è fuori, se il garage è già occupato da un'altra vettura.  
Che cosa significa? Innanzitutto, il box rappresenta la testa delle persone e l'auto che c'è dentro rappresenta invece i valori, i pensieri, le convinzioni.    
Se uno nella propria testa ha dei valori, delle idee, delle convinzioni radicate, è inutile che io cerchi di metterci le mie (che sono rappresentate dalla seconda auto, quella che sta fuori dal box), perché sarebbe inefficace spingerli dentro, visto che l'altra testa è già occupata. Allora che cosa devo fare? Devo mettermi io per primo in ascolto di quelli che sono i valori, i pensieri, le idee del mondo che occupano la testa del mio interlocutore. Solo dopo aver ascoltato l'altro posso dire la mia e così le mie idee possono trovare uno spazio nelle teste degli altri. Non siamo noi quindi a dover imporre le nostre idee.
Una comunicazione efficace inizia molto prima del momento in cui si apre la bocca: inizia dal momento dell'ascolto di quelli che sono i bisogni dell'altro. Occorre quindi partire dalla fine, per una comunicazione efficace, ossia dobbiamo chiederci: qual è lo scopo che io mi prefiggo di raggiungere nella comunicazione con l'altro? Una volta che l’ho compreso, devo mettere in atto la strategia comunicativa. La comunicazione deve quindi mettere le persone in azione, cioè deve suscitare delle abilità, anche delle competenze, se vogliamo cambiare il mondo delle persone con cui comunichiamo, ma non è facile, anzi è impossibile. Per cambiarlo, dobbiamo fare in modo che sia l'altra persona a volerlo cambiare e questo lo possiamo fare attraverso una comunicazione efficace, quindi partiamo dalla fine, come dicevamo: qual è l'obiettivo che voglio conseguire? Una volta chiarito lo scopo, io programmo dall'inizio quello che devo fare, stabilendo la metodologia, le strategie, i contenuti e così via. Da dove parte il mio interlocutore? Me lo devo chiedere. Evitiamo anche il superfluo nella comunicazione, perché il superfluo può distrarre dal vero scopo della nostra comunicazione. Dobbiamo far emozionare la platea. Non si possono cambiare le persone, ma possiamo cercare un meccanismo per far sì che loro decidano di cambiare. Che cosa porta una persona a decidere il proprio cambiamento? Pensiamo a noi stessi: quando è stata la volta in cui abbiamo deciso per esempio di cambiare lavoro o di lasciare il nostro partner? Riflettiamo su che cosa è successo che ci ha spinti a scegliere, a prendere quella decisione. La risposta è che c’è stata un'emozione dilagante che ha parlato al nostro cuore e che ci ha portato a prendere una decisione. Bisogna parlare al cuore delle persone per aiutarle a decidere.      
Vediamo spesso la vita in bianco e nero e non siamo attori ma spettatori passivi, che ci lasciamo scivolare tutto addosso, facciamo ogni giorno sempre le stesse cose, poi, all'improvviso, per un istante, subentra una forte emozione e il film di cui siamo spettatori diventa all'improvviso a colori e allora noi diventiamo attori, ed è a quel punto che decidiamo di prendere in mano la nostra vita. Domandiamoci perché l'America ha conquistato il mondo. Non l'ha fatto per l'economia, non l'ha fatto per le guerre, non l'ha fatto per la potenza politica: l'ha fatto per Hollywood, perché Hollywood ci ha fatto emozionare, ci ha messo dentro la testa un'idea. Gli americani con i primi film dei cowboys contro gli indiani ci hanno mostrato gli indiani cattivi e i cowboys buoni, anche se non è così, ma è quello che ci hanno trasmesso attraverso le emozioni suscitate dalle pellicole.        
Ecco perché gli americani sono diventati una potenza: sono stati convincenti, perché ci hanno fatto emozionare.       
Non è la logica che cambia le persone, ma sono le emozioni.

Lasciare quindi al caso la nostra abilità comunicativa significa rinunciare allo strumento principe per avere relazioni gratificanti e a supporto dei nostri obiettivi per far sì che un'idea si diffonda, cambi il mondo della persona che ci ascolta. Se non presentiamo bene le nostre idee, non sfrutteremo il loro potenziale trasformativo sul mondo che ci circonda.
Quindi dobbiamo imparare a fare i “parcheggiatori” con gli altri. Questo non significa manipolare, ma rendere la comunicazione priva di pregiudizi e a tutti gli effetti funzionale.

L'ascolto è l'antidepressivo più potente del mondo.

Consideriamo l'etimologia della parola comunicazione: comunic-azione è un messaggio che mette la persona in azione, così come la parola form-azione: quale forma vogliamo dare a chi ci ascolta, quali abilità, che cosa devono fare dopo il nostro intervento?

Teniamo presente che se non mettiamo in azione le persone, non stiamo comunicando, ma stiamo semplicemente parlando.

Per cambiare il mondo quindi non è sufficiente far riflettere le persone: bisogna metterle in azione.

Chiarito lo scopo, all'inizio bisognerà immedesimarsi nel proprio interlocutore, guardare la vita dalla sua visuale per comprendere quello che è il suo punto di partenza, sarà così più facile mettere a fuoco la strada che dovrà compiere per comprendere la sua tesi.       
Partire dalla fine ci aiuta a capire su quali argomenti fare leva per portare il nostro interlocutore al nostro punto di arrivo.

Facciamo quindi i parcheggiatori, creiamo spazio nel box mentale del nostro interlocutore, partiamo dalla fine e immedesimiamoci in lui per comprendere con quali idee, numeri, aneddoti comporre il tragitto comunicativo da proporgli.   
Facciamolo emozionare. Non parliamo quindi alla parte logica di chi ci ascolta ma alla sua parte emotiva.

 

 

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