martedì 24 marzo 2020

OSTAGGI DELLA PIATTAFORMA?

La mia 3^E, qualche giorno dopo la chiusura della scuola


La mia postazione di lavoro in fase attiva


La realtà virtuale ha completamente invaso le nostre vite. Oggi più che mai è questa a dominare il mondo. E mi viene da pensare: meno male che esiste. Immagino come sarebbero le nostre giornate, in questo terribile periodo di clausura, di quarantena, di arresti domiciliari e chi più ne ha più ne metta per definire il tragico momento che stiamo vivendo.   
Il virtuale è ciò che ci rende possibile il contatto, quello che il virus ci sta negando. Se il virtuale non esistesse, saremmo tutti isolati, soli, chiusi dentro alle nostre case, senza rapporti di alcun tipo con il mondo fuori.       
A proposito, esiste ancora il Mondo? Me lo stavo chiedendo giusto ieri. Ho spalancato la finestra della cucina e ho guardato oltre: sì, c'era. C'era anche stamattina. Incredibile!        
La cosa che colpisce di più in questi giorni è il silenzio. Un silenzio surreale. 
Non si sentono più le grida dei bambini che giocano in cortile, non si sente più il rumore del pallone che sbatte contro la porta del garage, non si sente più la voce di qualche mamma che chiama, non si sentono più le auto e i motorini. Fino a qualche sera fa, udivo, a un'ora precisa della sera, alcuni rumori che richiamavano la mia attenzione e mi facevano dire: ok, le persone esistono ancora. Erano il battito di mani che applaudivano l'operato dei medici, era la voce di qualcuno che intonava cori sul balcone, era il suono di un disco a tutto volume che proveniva da qualche appartamento, un disco che riproduceva canzoni italiane, piuttosto che l'inno nazionale, mentre il tricolore ondeggia alla brezza di questa strana primavera, accanto a striscioni arcobaleno appesi alle ringhiere con impressa la scritta Ce la faremo.        
Da qualche giorno, però, tutto tace, tutto è silenzio attorno a casa mia. Quasi non me ne sono accorta: è svanito tutto senza fare rumore. Come se una sorta di arrendevolezza avesse colto i promotori di quei suoni, di quelle canzoni, di quei battiti di mani. Silenzio. Un silenzio che sgomenta. Poco fa, ho sentito il cinguettare di un uccello che si era posato su un ramo di fronte alla mia finestra. Mi ha quasi fatta sussultare. Ho pensato che per qualcuno la vita continua come niente fosse. Ma quel qualcuno non ha parole umane.
Noi uomini siamo costretti a vivere chiusi in casa da diverso tempo ormai. 
E chissà quanto ancora durerà questa clausura... Ma, come dicevo poc'anzi, fortunatamente esiste il virtuale.     
Ognuno ha il proprio spazio virtuale nel quale trascorrere la giornata: c'è chi lo passa dentro ai social e chi in streaming, con lo smart working, chi si perde dentro Oculus Rift.        
Una delle realtà che accomuna di questi tempi tutte le famiglie con figli in età scolare è la Piattaforma Classroom di gsuite. Alunni, genitori e docenti: tutti ostaggio della piattaforma.       
Da quando le scuole sono state chiuse in base al decreto ministeriale, ci si è dovuti attivare con la didattica a distanza. In pochi giorni, migliaia di insegnanti e alunni hanno dovuto imparare da zero a utilizzare questo strumento che la tecnologia ci ha messo a disposizione. Lo scopo è quello di mantenere i contatti con gli studenti, di non abbandonarli a se stessi, di portare avanti anche a distanza la didattica, di non perdere l'anno.      
Quello che si è verificato, all'inizio, è stato il "delirio" collettivo. Parlo dal mio punto di vista, che è quello del docente, ma immagino anche cosa possa essere stato per le famiglie dei miei ragazzi. Una parola per riassumere il tutto: STRESS.
Ho ancora in mente il giorno dell'attivazione, una domenica. Tutto il corpo docente della mia scuola in attesa dal mattino, tutti connessi, tutti pronti con il pc e con i cellulari; messaggi infiniti tra di noi: parte, non parte? Ci possiamo registrare? Quando ci danno le credenziali? Il Dirigente tempestato di telefonate e Whatsapp da ogni dove, un'attesa lunga ed estenuante, fatta di ansia e trepidazione. Poi, finalmente, verso sera... pronti, partenza, via!
Una nottata per approntare tutto, per registrarci, per attivare la piattaforma, i nostri corsi, creare i codici, i link per le videoconferenze che sarebbero partite l'indomani con gli alunni che non vedevamo più da giorni. Chi non sapeva come fare, chi, poco avvezzo all'uso del pc e di certi strumenti piuttosto che programmi, colto da ansia inenarrabile; il cellulare impazzito che continuava a squillare: messaggi con richieste di aiuto, telefonate fino a un'ora assurda.
 
Poi, come d'incanto, il mattino del lunedì, ecco gli alunni connessi. Ecco, di nuovo i loro volti. Non più come eravamo abituati a vederli dietro i banchi di scuola, no. Erano volti smarriti, tesi, quasi impauriti. Li ho accolti col sorriso più rassicurante che sono riuscita a sfoderare in quel momento. Tranquilli, ragazzi, stiamo tutti bene. Era questo il messaggio importante da fare arrivare in quel momento. Un'ora di collegamento così, a informarsi sullo stato di salute di ognuno di loro e dei loro familiari (perdonatemi l'assenza della "g", ma in questo sono ancora vecchio stampo e mi piace conservare la tradizione), un primo timido approccio tra l'insegnante coordinatore di classe e i suoi ragazzi.
Dal giorno seguente, il pandemonio (termine che calza a pennello in clima di pandemia): insegnanti connessi per dieci/dodici ore al giorno, per capire l'uso di questa malefica (seppur benedetta) piattaforma, la scoperta, individuale e collettiva in Meet/Hangouts (pensare che fino al giorno prima nemmeno sapevo esistessero), delle sue varie funzioni e opportunità, la registrazione degli alunni nelle classi virtuali con tutti i problemi annessi e connessi, la creazione di lezioni ad hoc da caricare in piattaforma (in .ppt le più semplici), la difficoltà di caricare il materiale di studio e i compiti da svolgere, il ritorno di questi ultimi, il non riuscire da parte di alcuni alunni a inviarli e da parte di noi docenti di renderli, l'ansia da prestazione reciproca, genitori che contattano i docenti via mail chiedendo aiuto perché i figli non riescono a inviare il compito e temono di essere valutati negativamente, i codici di accesso ai corsi, i link delle video-lezioni, alunni che perdono le password e non riescono più a rientrare...
ALT! STOP! FERMI TUTTI!   


la vignetta che circola in questi giorni in Internet
e che rende molto bene la situazione
Andrà tutto bene, ripetiamolo come un mantra: andrà tutto bene. E dobbiamo crederci, anche se non per tutti sarà così, perché qui c'è chi impazzisce per la didattica a distanza, ma c'è soprattutto gente che muore. Siamo un paese, un intero popolo in ginocchio, l'intero mondo lo è.    
Allora (lo dico anche a me stessa che di questo stress da piattaforma mi sento una delle tante vittime) calmiamoci, cerchiamo di guardare le cose nel giusto modo, prendiamo le distanze (di un metro, va bene?) da questo mostro informatico che si sta fagocitando del mondo umano della scuola e tiriamo un sospiro di sollievo.     
Sento alunni che continuamente mi chiedono come faranno a essere valutati, avverto la tensione dei genitori per come finirà questo anno scolastico (ce lo stiamo chiedendo tutti, a dire il vero), colleghi in ansia per i compiti da somministrare, per la mancata presenza degli studenti ai propri corsi (anche ai miei non si sono iscritti ancora tutti e forse nemmeno lo faranno), ansia per come gestire le interrogazioni online (si faranno suggerire, avranno il libro aperto davanti, si saranno preparati un foglio con la lezione scritta da recitare a memoria come una poesia, salvo cadere davanti alla prima domanda?) e i compiti scritti, le verifiche (quale attendibilità avranno?). Ci sarà Internet, ci saranno mamma e papà, fratelli e sorelle maggiori pronti a sostituirsi ai nostri alunni, a svolgere le verifiche al posto loro? Forse in alcuni casi sarà proprio così, ma in altri (mi auguro la maggioranza) no.      
E, allora, quello che dico in streaming ogni mattina ai miei ragazzi è che non devono pensare al voto in questo momento, non devono studiare per avere un buon punteggio: devono farlo per loro stessi, per conoscere, per crescere con le cose nuove che potranno imparare da questi incontri con i loro insegnanti, attraverso il monitor del pc, attraverso la nostra voce che esce dall'altoparlante e li raggiunge dentro alle loro case, nelle quali entriamo anche noi, ospiti spero desiderati, che li aiutano a mantenere un contatto con la realtà, con la vita che va avanti nonostante tutto, che diamo loro l'opportunità di crescere, di responsabilizzarsi, di dimostrarsi onesti prima di tutto con se stessi e dopo, solo dopo, con noi. Il voto? Non è ciò che conta nella vita, non lo è soprattutto in questo particolare momento. Quello che conta, e che la piattaforma ci consente di fare, è rimanere in contatto, continuare a stare insieme e costruire noi stessi, mattoncino dopo mattoncino un passo alla volta, un giorno alla volta.

La postazione a fine giornata


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