lunedì 9 aprile 2012

ADHD, DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’


ADHD, DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’

CORSO DI AGGIORNAMENTO
UNIVERSITA' DELL'INSUBRIA DI VARESE
Il corso è stato organizzato totalmente dall’AIFA Onlus Lombardia, a tutt’oggi l’unica Associazione di Famiglie in Italia, che, grazie al suo operato, ha contribuito al riconoscimento del disturbo.
Per merito della suddetta Associazione, è ora possibile diagnosticare l'ADHD e affrontarne le problematiche connesse  con  terapie adeguate.
L'AIFA ha inoltre contribuito a diffondere la conoscenza di questo disturbo.
Per maggiori informazioni clicca su AIFA Onlus Lombardia (per tornare all'articolo, freccia INDIETRO).
Una volta, nemmeno si sapeva che cosa fosse l’ADHD, così come non si conoscevano molte altre problematiche degli alunni.
Quando io ero bambina, per esempio, negli anni ‘60/’70, nelle classi, gli alunni venivano giudicati bravi o somari e a nessuna maestra veniva in mente di convocare i genitori di bambini particolarmente irrequieti e disturbatori, nonché disattenti e con scarso rendimento scolastico, per comunicare loro il sospetto che i figli fossero affetti da ADHD.
Fortunatamente, oggi i nostri ragazzi ricevono molte più attenzioni, sia da parte delle famiglie che degli insegnanti stessi, e i loro problemi vengono colti e raccolti dagli adulti di riferimento con la giusta attenzione, anche grazie ai progressi della scienza medica e all’apertura della scuola alle famiglie, nonché alle strutture sociosanitarie, che hanno visto il realizzarsi di una reciproca collaborazione fattiva tra i vari soggetti, a vantaggio dei ragazzi che vivono determinati disagi.

30/03/2011
ASPETTI CLINICI DELL'ADHD
Dott.ri Paolo Piccinelli e Cristiano Termine

ADHD significa DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’ e colpisce circa il 4% dei bambini in età scolare.
Questi bambini sono spesso normalissimi e non è sempre facile diagnosticare il disturbo, anche perché molti soggetti sono borderline.
L’ADHD è una malattia che richiede molta fatica, da parte di chi vive accanto al bambino che ne è affetto. In particolare, i genitori si trovano a dover affrontare un compito gravoso, spesso non capiscono come il figlio possa comportarsi in un determinato modo, nonostante i loro insegnamenti, e capita che vadano in crisi a loro volta, che si autocolpevolizzino, che si mettano in discussione proprio come genitori. A volte si arriva persino alla crisi della coppia genitoriale. Non è facile vivere con un soggetto affetto da ADHD, per questo occorre una collaborazione fattiva tra famiglia, scuola e specialisti.
La prima cosa da fare consiste nel MIGLIORARE  le relazioni, affinché i bambini non si sentano, e non vengano di fatto, isolati dagli altri, a causa del loro comportamento eccessivamente disturbante e disturbato.
Spesso il loro comportamento equivale ad una difesa: più l’ambiente li sola, più si sentono inadeguati, la stima di sé peggiora, diventano depressi e peggiora anche la loro irrequietezza.
Importante sarà allora migliorare l’accettabilità sociale del disturbo.
Come? Cominciando dal guardare ai punti di forza del soggetto, anziché al negativo del comportamento.
Per quanto riguarda nello specifico i docenti, dovremo insistere sul piano didattico, su quella che è la METACOGNIZIONE.
Dobbiamo quindi cercare di stimolare l’attenzione in modo motivante (non umiliante) e rendere l’apprendimento divertente per quanto possibile. Dovremo, inoltre, cercare di attuare interventi multimodali.

Nei casi più gravi, si dovrà ricorrere alla somministrazione di farmaci, sotto stretto controllo medico, vista la loro pericolosità e i numerosi effetti collaterali a carico dell’organismo a vari livelli.
Ma come possiamo diagnosticare la malattia?
Non è certo semplice.
I genitori si rivolgono molte volte ai medici con notevole ritardo, dopo numerosi tentativi di “raddrizzare” il figlio attraverso castighi e discussioni. Gli insuccessi scolastici, le risposte negative, l’aggressività, l’impulsività, la rabbia espressa dal bambino, ad un certo punto, conducono la famiglia alla disperazione e alla necessità di chiedere aiuto a degli esperti.
I medici, per diagnosticare il disturbo, sottopongono il bambino a test del linguaggio, della memoria, delle abilità visuo-spaziali-grafiche, delle funzioni logiche e differenziali e delle funzioni esecutive. I test vengono ripetuti almeno quattro volte.
Ai genitori vengono sottoposti dei questionari, così pure agli insegnanti, secondo una scala di valori di interpretazione del comportamento del soggetto preso in esame.
Tali test vengono ovviamente messi a confronto tra loro e considerati anche in base all’osservazione diretta del bambino.
Capita spesso che il soggetto, analizzato in studio, metta in atto strategie di difesa, tali che risulti impossibile rilevarne la problematica.
La condizione del bambino affetto da ADHD viene rilevata quando si manifestano almeno sei atteggiamenti tipici del disturbo e quando questo dura da almeno sei mesi continuativi. Teniamo presente, inoltre, che la malattia non compare all’improvviso, ma si evolve nel tempo con una certa gradualità. Compare sin dai primi anni di vita e si manifesta in tutti i contesti relazionali (famiglia, scuola, gruppo sportivo, catechismo, oratorio ecc…).
 Ma torniamo al ruolo del docente, che ci riguarda da vicino.
Il docente DEVE  accertarsi del livello di attenzione. A questo proposito, sono FONDAMENTALI il CONTATTO VISIVO  e quello AFFETTIVO. Occorre chiamare questi bambini per nome, parlare con loro, capire come sono fatti, insomma, instaurare con loro un  RAPPORTO UMANO.
Dobbiamo fare sentire al ragazzo che ha una sua DIGNITA’ e non umiliarlo mai. Dobbiamo inoltre dare REGOLE CHIARE, STABILIRE DA SUBITO I CONFINI DEI RUOLI.
Per quel che concerne più propriamente la didattica, invece, occorre dar loro delle mappe logiche.
Dobbiamo concordare obiettivi comportamentali e didattici, allenare lo studente  a tenere in ordine il banco, preoccuparci che scriva sul diario i compiti, favorire l’insegnamento con l’uso di strumenti multimediali, assicurarci che abbia compreso le consegne, organizzare le verifiche suddividendole in più parti, comunicargli i tempi di esecuzione del compito, valutare i suoi lavori dal punto di vista del contenuto e non da quello della forma, evitare di comminargli punizioni quali sospensione dell’intervallo (sarebbe deleterio per un iperattivo) o copiatura forzata di compiti o eliminazione di incarichi (che invece dobbiamo assegnargli per valorizzarlo), dobbiamo gratificarlo spesso.
 Campanelli d’allarme, per individuare il problema, possono essere i seguenti:
  • non presta attenzione ai particolari
  • ha difficoltà nel mantenere l’attenzione su compiti e attività per tempi prolungati
  • non ascolta chi parla e non segue le istruzioni
  • ha difficoltà ad organizzarsi nei compiti e cerca di evitare quelle che richiedono sforzo ed impegno mentale protratti
  • non rispetta il proprio turno d’intervento
  • parla e interrompe continuamente gli altri
  • è invadente.
 La forma più insidiosa di questo disturbo è rappresentata dalla DISATTENZIONE ISOLATA. In questo caso, il bambino non  è iperattivo, non dà fastidio, ma è sempre con la testa tra le nuvole.
In questo caso, la diagnosi arriva con circa 4 anni di ritardo, rispetto agli altri casi e rende ancora più difficile l’approccio.
 La sindrome ADHD non curata comporta una crescita disagiata del soggetto nei vari ambiti dell’esistenza, con disturbi conseguenti della personalità e difficoltà relazionali, insuccessi scolastici e lavorativi, possibili comportamenti devianti nell’età adulta, più o meno gravi.
Il disturbo non guarisce da sé, generalmente tende a peggiorare, solo in  alcuni casi migliora, ma di poco, compromettendo comunque la qualità della vita.
 Quale terapia dunque?
Si interverrà a vari livelli, con il PARENT TRAINING, un percorso psicologico per le famiglie, il TEACHER TRAINING, destinato invece ai docenti, nonché, ovviamente, il TRAINING mirato sul soggetto.
 Un corretto approccio al problema e un percorso diagnostico/terapeutico protetto viene garantito dal REGISTRO NAZIONALE ADHD, il cui scopo è dare indicazioni corrette per la gestione, la diagnosi e la terapia, monitorare la salute del bambino tramite la rete di neuropsichiatri e centri di riferimento regionali.
Per gestire correttamente il comportamento del bambino ADHD occorre creare un ambiente che favorisca l’autoregolazione e la riflessività del bambino, semplice e organizzato, con ritmi ordinari organizzati.

07/04/2011
FILMATO ADHD
L’ADHD è un disturbo NEUROBIOLOGICO. Il soggetto che ne è colpito ne sarà affetto per tutta la vita. Da bambino sarà molto agitato, mentre da adulto il suo comportamento sarà più calmo, ma l’individuo soffrirà di una forte irrequietezza interiore.
E’ fondamentale che gli interventi siano tempestivi, proprio per evitare uno sviluppo difficoltoso.
Come già accennato, il soggetto ADHD non è bene adattato all’ambiente, non sa autogestirsi, va male a scuola, non ha amici, ha un vissuto di sofferenza.
Abbiamo anche visto che il disturbo si manifesta in tutti i contesti. A scuola, per restare nel campo di nostro interesse, il soggetto ha bisogno di continui stimoli che lo motivino e lo interessino, per cui passa da un’attività all’altra, senza portarne a termine alcuna, non rispetta le regole, tantomeno i tempi e gli spazi dei compagni. Dà l’impressione di voler fare tutto a modo suo. Inutili risultano le punizioni, come, spesso, inutile è la dolcezza. Se non riesce ad ottenere ciò che vuole, fa scene isteriche e capricci esagerati.
Ci sono voluti oltre 20 anni di ricerche scientifiche per capire che c’è una stretta correlazione tra il comportamento di un  certo tipo e un disfunzionamento cerebrale che determina appunto il disturbo.
Oggi ci si rende conto che tale disturbo è sempre più diffuso.
Il soggetto che ne è colpito mostra un DEFICIT  delle FUNZIONI ESECUTIVE (esempio della partita a scacchi, in cui occorre pensare, pianificare le mosse, prima di agire. In questo genere di partita, il soggetto ADHD sarà sempre perdente, poiché non è in grado di mettere in atto strategie di pianificazione e di attenzione).
L’ADHD è frettoloso, impreciso, impulsivo, non è in grado di organizzare il lavoro (difficoltà anche a riordinare la cartella, il banco, la propria scrivania). Tale soggetto predilige attività che seguano il suo ritmo di lavoro, quali, ad esempio, i videogame.
Non riesce ad instaurare rapporti positivi con coetanei e con adulti, poiché entra sempre in contrasto, non accettando le regole, volendo imporre le proprie.
A scuola, getta la spugna, perché non riesce a coordinare più attività.
Spesso tali soggetti sono selettivi, assumono comportamenti a rischio per sé e per gli atri (spericolati e distratti in bicicletta, svoltano senza guardare; a piedi non guardano dove vanno ecc…). Da grandi, possono essere preda di alcool e droghe.
E’ importante, dunque, fare una diagnosi clinica tempestiva. Essa verrà effettuata tramite l’osservazione prolungata.
Il soggetto ADHD necessita di una terapia multimodale, con interventi psicosociali e medici.
I soggetti coinvolti sono la famiglia, la scuola e ovviamente il bambino. Questo perché l’ambiente deve supportare il soggetto.
Come docenti, noi dobbiamo facilitare la vita in classe del bambino e lo possiamo fare scandendo la sua giornata con regole, ritmi e abitudini. Dobbiamo anche organizzare lo spazio fisico intorno a lui, che non sia distraente, quindi dobbiamo cercare una collocazione adeguata, possibilmente vicino alla cattedra, lontano da fonti di distrazione (no vicino alla finestra).
Qualora tutti gli interventi psicopedagogici si rivelassero fallimentari o inadeguati, si renderà necessario il ricorso alla terapia farmacologica.
ALUNNI ADHD: DIFFICOLTA’ A SCUOLA, CON I COETANEI E CON SE STESSI
Dottoressa Marta Sella, psicologa e psicoterapeuta  cognitivo - comportamentale.
CARATTERISTICHE  PRIMARIE DEL SOGGETTO ADHD:
  • DISATTENZIONE
  • IMPULSIVITA’
  • IPERATTIVITA’
CARATTERISTICHE  SECONDARIE:
  • SCARSO RENDIMENTO SCOLASTICO/DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO
  • BASSA AUTOSTIMA
  • DIFFICOLTA’ DI RELAZIONARSI CON I COETANEI
  • AGGRESSIVITA’ VERBALE/FISICA
Il bambino non si sente più adeguato alle situazioni.
In lui è presente un DEFICIT DI AUTOREGOLAZIONE DELLE FUNZIONI ESECUTIVE: difficoltà attentive e nella soluzione dei problemi.
LE FUNZIONI ESECUTIVE COMPRENDONO:
  • Inibizione della risposta (il bambino parla a sproposito, non sa quando è il momento di tacere e quando è possibile intervenire, non rispetta il proprio turno)
  • Pianificazione (non è in grado di pianificare il lavoro né di ordinare il materiale)
  • Memoria di lavoro (non è capace di “tenere” le informazioni)
Tali Funzioni Esecutive sono implicate:
  • nel FUNZIONAMENTO SCOLASTICO (rapporto con insegnanti e compagni) con ricaduta sul rendimento
  • nell’INTERAZIONE SOCIALE (rapporti con familiari, amici, compagni)
A scuola, come possiamo andare incontro alle sue difficoltà?
  • Diamo verifiche con poche domande, diversamente, il soggetto si scoraggia e pensa di non farcela, precipitando così nella depressione e nella disistima
  • Coinvolgiamolo in attività con i compagni, cosicché non si senta  e non venga isolato.
La vita in famiglia risulta difficoltosa per tutti i membri e spesso i genitori si sentono incompresi. A volte si sentono addirittura accusare dagli insegnanti di non seguire abbastanza il bambino.
Le difficoltà di relazione manifestate del soggetto ADHD sono stabili e predittive del funzionamento sociale futuro.
Ecco perché è importante un trattamento, quanto più possibile tempestivo, che migliori le abilità sociali.
Gli ADHD non riescono a valutare la gravità delle conseguenze delle proprie azioni (esempio: picchiano qualcuno e commentano “Ma non si è fatto niente!”).
Il bambino ADHD presenta delle caratteristiche ben precise:
  • È poco popolare
  • Non è particolarmente antipatico (alcuni sono addirittura simpatici)
  • Non è cercato dai coetanei
  • È in grado di farsi amicizie, ma non di mantenerle, a causa della sua impulsività
  • Tende ad imporsi aggressivamente nel gioco (liti, zuffe)
  • Viene evitato dagli altri bambini
  • Viene escluso dai giochi (perché non accetta e non  rispetta le regole, le stravolge a proprio favore, vuole imporsi …)
CAUSE DEI PROBLEMI RELAZIONALI:
mostra difficoltà nelle:
  • Abilità di partecipare a diverse attività in maniera adeguata
  • Abilità a fare richieste in modo corretto
  • Abilità a fare complimenti
Non sa quindi chiedere le cose in modo corretto, vorrebbe fare dei complimenti, ma non è in grado e risulta, al contrario, offensivo.
Le relazioni insoddisfacenti dipendono dalla mancanza delle abilità sociali.
Questi soggetti mostrano:
  • Poca attenzione agli indizi emotivi e sociali degli altri
  • Scarse abilità sociali
  • Uso inadeguato degli approcci sociali
  • Inadeguata consapevolezza degli effetti del proprio comportamento sugli altri
  • Scarsa empatia
  • Incomprensione dei feedback
Quindi non sanno comprendere il punto di vista degli altri, non comprendono l’intenzionalità altrui e reagiscono con sorpresa ai diversi atteggiamenti di adulti e coetanei (esempio: la mamma mi deve la paghetta, ma io mi sono comportato male e non me la dà. Io la pretendo. Mi viene spiegato perché non mi viene data, ma io continuo ad insistere MA ME LA DEVE DARE).
COME MIGLIORARE LE ABILITA’?
Occorre:
  • insegnare dei comportamenti sociali
  • far riflettere sul proprio comportamento in relazione agli altri
  • ascoltare gli altri, dimostrando di avere capito (chiediamogli di ripetere quello che abbiamo detto). Importante mantenere il CONTATTO OCULARE
  • pretendere che rispetti i tempi della comunicazione
  • insegnare QUANDO  si inizia una comunicazione e QUANDO  è il caso che si concluda
  • insegnare ad ascoltare
  • insegnargli a scegliere le parole, a non offendere, ad attendere che anche gli altri abbiano terminato di parlare
  • dobbiamo RIPETERE LE ISTRUZIONI
  • dobbiamo insegnargli a condividere senza volere qualcosa in cambio
  • insegnargli ad accettare le sconfitte
  • insegnargli ad accettare il compromesso
  • insegnargli ad offrire il proprio aiuto e ad accettare la risposta dell’altro che può non essere positiva
  • insegnargli a ringraziare e a scusarsi.
Masi (2005) sostiene che alla base dell’autostima ci sono SOLITUDINE E ABBANDONO, RIMPROVERI, ISOLAMENTO DEI COMPAGNI, INSUCCESSI SCOLASTICI/SPORTIVI.
L’autostima legata alle abilità sociali genera un circolo vizioso di difficile soluzione.
PROTOCOLLO OPERATIVO:
  • contatti Dirigente Scolastico – insegnanti – famiglia – specialisti
  • condivisione di diagnosi, indicazioni di trattamento, suggerimenti psico - educativi
  • docenti e operatori clinici devono definire strategie metodologico - didattiche per un migliore adattamento scolastico e sviluppo emotivo – comportamentale
  • sarà cura del docente utilizzare le tecniche educativo – didattiche ( a tale  proposito, si consulti la Circolare Ministeriale Prot. N. 4089 – 15/06/2010 . Se vuoi tornare all'articolo, vai sulla freccia INDIETRO).
CRITERI DI VALUTAZIONE:
Bocciare o promuovere il soggetto ADHD?
A tale proposito è fondamentale tenere presente che il comportamento del bambino ADHD è conseguenza di una malattia e non un atteggiamento voluto e intenzionalmente provocatorio.
E non dimentichiamo che
IL BAMBINO ADHD E’ PRIMA DI TUTTO UN BAMBINO CHE CHIEDE DI ESSERE ASCOLTATO E ACCETTATO.
 
LO STRESS DELL’INSEGNANTE DI FRONTE A CASI DI DIFFICILE GESTIONE
Dottoressa Francesca Sgroi
La professione docente causa spesso stress da “lavoro correlato” e di “Burnout”, in quanto coinvolge le emozioni, trattandosi di una professione basata sulla relazione e sull’educazione.
Il docente è soggetto a critiche da più parti: dirigente scolastico, genitori, alunni stessi.
Ma che cos’è lo stress? La parola significa SFORZO, SPINTA. Si tratta di una forza applicata ad una struttura per verificarne la resistenza.
C’è lo stress positivo (EUSTRESS), che stimola l’organismo a sperimentare nuove capacità di adattamento, ma se questo è eccessivo, ben presto si trasforma in stress negativo e ci si ammala.

Tre sono le fasi dello stress:
  • ALLARME: organi in allerta, adrenalina
  • RESISTENZA
  • ESAURIMENTO: il sistema immunitario va in deficit.
Burnout significa bruciarsi. Ci si sente appassiti, senza più risorse. Avvertiamo un forte stress, superiore alle nostre  capacità di resistenza. L’individuo, allora, si sente depresso, apatico.
CONSEGUENZE DELLO STRESS:
  • Emicrania
  • psoriasi e malattie della pelle
  • Disturbi del sonno
  • Disturbi del tratto gastrointestinale
  • Tristezza
  • Senso di impotenza
  • Rabbia
  • Depressione
  • Dimenticanze
  • Lapsus
  • Perdita delle abilità da problem solving
Come conseguenze, si verificano assenteismi, ritardi ecc…
Lo stress è un processo che deriva dagli agenti stressanti, ma è anche strettamente legato alla personalità dell’insegnante.
Vi contribuiscono FATTORI ESTERNI:
  • Istituzionali
  • Di costume
  • Interni alla scuola
  • Legati alla classe
  • Responsabilità intrinseca alla professione
  • Fattori della vita quotidiana
  • Presenza o meno di sostegno sociale
  • Insegnante stesso (suo atteggiamenti di fronte agli agenti stressanti).
Ogni insegnante presenta proprie caratteristiche, atteggiamenti, stili di vita, abilità diverse nel fronteggiare lo stress.
Esiste l’insegnante di tipo A, che vive uno stress autoprodotto (competitività, ambizione…); e l’insegnante di tipo B, che vive meno stress (deroga molto, non è arrivista ecc…).
ATTEGGIAMENTI A RISCHIO DI STRESS:
  • Autodepressivi
  • Disapprovazione
  • Critiche
  • Scarso riconoscimento professionale
  • Scarsa tolleranza alla frustrazione
  • Impotenza verso l’organizzazione scolastica
  • Rabbia verso gli alunni quando non si riesce a tenere la disciplina.
PER FRONTEGGIARE LO STRESS occorrono:
  • Abilità assertive (imparare a dire la propria)
  • Capacità di mantenere la disciplina in classe
  • Capacità di programmare il tempo
  • Mettere in atto pratiche di autorilassamento
  • Limitare le emozioni negative: collera, ansia, depressione.
Possiamo porci di fronte al problema con un atteggiamento positivo (terapia razionale – emotiva), ritenendo che gli eventi che ci capitano sono neutri cioè DIPENDE DA COME NOI LI ACCOGLIAMO E LI AFFRONTIAMO.
Gli STILI ATTRIBUTIVI rappresentano il MODO CHE CIASCUNO HA DI ATTRIBUIRE UNA CAUSA AD UN EVENTO.
Possiamo, per esempio, rispetto alla dimensione temporale della situazione, ritenere quest’ultima:
  • STABILE (non sono MAI riuscito a tenere la disciplina)
  • TRANSITORIA (quest’anno non riesco a tenere la disciplina)
Rispetto alla pervasività della situazione, possiamo ritenerla:
  • GLOBALE (investe tutti gli ambiti)
  • SPECIFICA (investe un solo ambito)
Rispetto alla causalizzazione della situazione, possiamo ritenerla:
  • Causa interna (Non sono riuscita a terminare il programma, quindi è colpa mia)
  • Causa esterna (attribuisco la colpa ad altro)
Molto importante è il GRUPPO DI LAVORO. Si tratta di un gruppo informale, finalizzato al sostegno reciproco nella discussione dei problemi, al di fuori dell’ufficialità, costituito da un numero limitato di persone. Ci si incontra per discutere di problemi e si cercano soluzioni comuni e condivise, in questo modo non ci si sente isolati e si crea il senso di appartenenza al gruppo che aiuta a tenere lontano lo stress.
E veniamo a L’ALUNNO ADHD IN CLASSE:
Tali soggetti sono incoercibili e resistenti alla punizione, perché i loro comportamenti sono determinati da un  disturbo e non da maleducazione.
Questi bambini sono molto selettivi nelle materie scolastiche. Si tratta di soggetti che vanno facilmente in collera, che litigano con l’adulto, lo sfidano, che rifiutano le regole, che irritano deliberatamente le persone e accusano gli altri dei propri errori, sono spesso rabbiosi, dispettosi e vendicativi.
Come può sopravvivere l’insegnante in questo tipo di relazione?
Deve fare ricorso ad alcune strategie educative:
  • Stabilire una priorità di problemi da risolvere, dal più serio a quello meno serio (l’ADHD si alza dal proprio posto continuamente e va al cestino per temperare, ma mentre va, pizzicotta un compagno? La priorità è che smetta di pizzicottare il compagno, non che non sta seduto al suo posto)
  • Frazionare i compiti più grandi in unità più piccole
  • Dirigere gli sforzi su uno o due problemi alla volta.
COME COMUNICARE CON I GENITORI DEL SOGGETTO ADHD?
A volte, i genitori non accettano suggerimenti o negano addirittura il problema, non sono collaborativi e colpevolizzano i compagni e gli insegnanti.

Cosa fare, allora, per favorire l’apprendimento del bambino ADHD?
  • delegare ad un insegnante a casa l’aiuto personale, sensibilizzando i genitori a far seguire il figlio
  • non comunicare etichette diagnostiche alla famiglia
  • comunicare col bambino.
Nella comunicazione è fondamentale evitare la forma passiva: non bisogna essere troppo morbidi; diamo ordini precisi e decisi, ma non aggressivi. Evitiamo minacce, critiche, parole mortificanti. La severità eccessiva MORTIFICA e non aiuta!
USIAMO LA COMUNICAZIONE ASSERTIVA: manteniamo la calma, siamo chiari, diretti, decisi. Diciamo solo lo stretto necessario, rispettiamo la chiarezza, guardiamo il bambino negli occhi, non usiamo i compagni come mediatori (evitiamo frasi come “Diglielo tu”), non diamo ordini interrogativi (non diciamo: “Non ti sembra ora di smetterla?” Lui potrebbe pensare di no, che non sia ancora ora), evitiamo il sarcasmo, l’ironia, i confronti, le critiche negative.
Se dobbiamo riprenderlo, facciamolo piuttosto a tu per tu. Restiamo calmi nelle situazioni di crisi, cerchiamo di essere accoglienti e propositivi, consapevoli delle cause che scatenano la crisi. Diamo sempre regole, perché LE REGOLE SONO RASSICURANTI, ma ricordiamoci che la loro FORMULAZIONE deve essere PARTECIPATA e ricordiamoci di formularle in maniera positiva (non diciamo: “NON  parlate senza avere prima alzato la mano”, ma diciamo: “Alzate la mano, prima di parlare!”).
Poiché ogni bambino è diverso dall’altro, teniamo conto delle diversità, nella stesura del PROGETTO EDUCATIVO PERSONALIZZATO, partendo dalla rilevazione del problema comportamentale.
Chiediamoci, quindi, quali siano le criticità (Non programma le attività? Non è rivolto all’obiettivo? Non riconosce la difficoltà del compito? E’ caotico e frettoloso?)
Se l’alunno ADHD non tollera l’errore, la frustrazione, lo sforzo mentale, la costanza, l’attesa del risultato, si innescherà una spirale negativa, che porterà all’insuccesso scolastico e nella vita, con disturbi della personalità.
Per innescare la spirale positiva, il docente deve MOTIVARE il ragazzo.
 ESEGUI IL TEST, PER VALUTARE IL TUO LIVELLO DI STRESS
(tratto da: Di Pietro e Rampazzo, LO STRESS DELL'INSEGNANTE, Trento, Erikson)
(Se vuoi tornare all'articolo, vai sulla freccia INDIETRO).

13 Aprile 2011
ADHD IN LOMBARDIA, UNO SGUARDO EPIDEMIOLOGICO
Dottoressa Anna Didoni
Si stima che negli Stati Uniti la percentuale della popolazione, colpita da ADHD, trattata con terapia farmacologica corrisponda all’8%, a differenza dell’Italia, il cui dato si aggira intorno all’1%.
Come già visto nelle pagine precedenti, è fondamentale l’intervento tempestivo su questi soggetti, per assicurare loro la possibilità di apprendere e di avere una vita sociale soddisfacente.
Una domanda che viene spontaneo porsi è DOVE ANDARE? A CHI RIVOLGERSI?
E la risposta è: ai CENTRI DI RIFERIMENTO.
E’ importante sapere che esiste un REGISTRO che contiene i vari dati relativi al monitoraggio dei soggetti ADHD, comprensivo anche delle terapie farmacologiche, con lo scopo di verificarne la sicurezza e il beneficio.
Il Centro di Riferimento effettua una verifica e valuta la somministrazione del farmaco, la cui durata, comprensiva di controllo, si aggira intorno ai 6 mesi.
Le sostanze con cui viene trattato il soggetto ADHD sono a base di METILFENIDATO  e  ATOMOXETINA.
Tornando ai dati, si stima che in Lombardia, nel 2008, su 860 soggetti, affetti da questa sindrome, 209 erano in trattamento farmacologico, il che sta a dimostrare che una percentuale minima di bambini assume farmaci. Nella maggioranza, si tratta di maschi di età compresa tra gli 8 e i 12 anni.
Solitamente, sono proprio i genitori che si rivolgono ai centri di riferimento, quando individuano nel proprio figlio i seguenti sintomi:
  • PROBLEMI SCOLASTICI
  • PROBLEMI DI APPRENDIMENTO
  • ATTEGGIAMENTI DI OPPOSITIVITA’/PROVOCAZIONE
Generalmente, questi bambini presentano più di una diagnosi (COMORBILITA’).
La durata della terapia farmacologica varia da soggetto a soggetto e può andare da 1 a 1110 giorni, con una media di 500 giorni. Si evince che alcuni soggetti la interrompano, a causa degli effetti collaterali o dell’inutilità della stessa.
Ma quali sono questi effetti collaterali? Essi vanno dalla tachicardia, alla sonnolenza, all’umore instabile, al dimagrimento, alla cefalea ecc…
Maggiori informazioni si possono reperire sul sito dell’ISS (Istituto Superiore della Sanità):
www.iss.it/adhd (per tornare all’articolo, clicca sulla freccia INDIETRO).
Altro sito di interesse:
http://crc.marionegri.it/bonati/adhdnews/subscribe.html (per tornare all’articolo, clicca sulla freccia INDIETRO).

COINVOLGIMENTO NELLA CLASSE; TECNICHE SPECIFICHE DI INTERVENTO PSICOEDUCATIVO COMPORTAMENTALE; STRATEGIE E PROCEDURE
Dottoressa Lucia Cento
E veniamo alla funzione DOCENTE  e al rapporto col bambino ADHD nella classe.
La Dottoressa Cento fa notare subito quali sono i
comportamenti da evitare assolutamente da parte dell’insegnante con l’alunno ADHD:
  • Minacce e punizioni (generano oppositività e/o chiusura)
  • Note e rimproveri (generano disistima)
  • Compiti scolastici in eccesso (generano rifiuto e disinvestimento)
  • Sospensione
Dobbiamo sempre tenere presente che IL BAMBINO ADHD NASCE COSI’, GLI MANCA L’AUTOREGOLAZIONE  e non lo fa apposta, quindi non va punito, perché il suo comportamento non è una sua colpa, ma un problema di origine genetica.
La Dottoressa riporta il caso di un bambino in terapia con lei. La maestra lo aveva punito per la sua “agitazione” in classe, facendogli scrivere sul quaderno per 100 volte SONO UN BAMBINO AGITATO. La dottoressa aveva fatto allora scrivere al bambino, in risposta alla maestra: SOFFRO DI IPERATTIVITÀ per 100 volte (al pc col copia-incolla).
Che cosa può fare l’insegnante con un bambino così?
Può:
  • Instaurare delle routine (gesti e rituali abitudinari quotidiani, da rispettare rigorosamente, nei limiti del possibile, senza invertire l’ordine delle azioni)
  • Stabilire delle regole (poche, da un minimo di 3 a un massimo di 8, tutte rigorosamente formulate in forma POSITIVA). Le regole variano da bambino a bambino e da classe a classe.
  • Offrire informazioni di ritorno (es: se fa male un compito, dirgli che cosa ha sbagliato, che cosa non è andato bene)
E’ molto importante che l’insegnante istruisca la classe sul comportamento da adottare col soggetto ADHD.
Per fare questo, ovviamente, è necessario:
  • essere in possesso di una certificazione diagnostica della malattia (si può fare non prima dei 6 anni)
  • avere concordato con i genitori il comportamento da tenere in classe e l’opportunità di rendere l’intero gruppo di bambini partecipe del problema (per questo è bene fare sottoscrivere ad entrambi i genitori il consenso alla divulgazione del problema);
In un secondo momento, risulterà opportuno:
  • informare i bambini, in assenza del soggetto in questione,
  • affrontare la discussione del problema, in un secondo momento, in presenza del bambino stesso.
In questo modo, si opererà per “equipe”: i compagni si domanderanno Che cosa possiamo fare per lui? E lui si domanderà Che cosa posso fare io per loro? Così si lavorerà in gruppo, per affrontare con maggiore forza e serenità il problema.
Il coinvolgimento degli altri bambini è una sorta di tutoring o apprendimento cooperativo, che dà comunque esiti positivi. Il bambino ADHD, infatti, deve essere al centro di una rete che vede coinvolti vari soggetti: genitori, docenti, compagni, psicologi, pedagogisti ecc…, tra i quali è importante ci sia coerenza di intenti.
L’ADHD è una PATOLOGIA INVALIDANTE dal punto di vista comportamentale e relazionale e il soggetto colpito può essere considerato diversamente abile.

Tornando al lavoro cooperativo col gruppo classe, è fondamentale che su tutto il gruppo si instaurino delle routine, delle regolarità, delle scadenze prestabilite, in quanto queste aiutano il bambino ADHD a comprendere:
  • cosa
  • come
  • quando
Più routine si realizzano, meno instabile sarà il comportamento.
Ma vediamo alcuni esempi di routine:
  • ingresso in classe ad ora fissa
  • routine di inizio lezione (prendere visione del materiale, ad esempio)
  • presentazione delle attività della giornata
  • scansione dei tempi di lavoro
  • pause concordate
  • dettatura dei compiti e controllo
  • routine di saluto e di uscita a fine lezione
Teniamo, inoltre, presente che a questi bambini non si può chiedere di lavorare per un’ora di seguito, ma occorre frazionare i tempi di lavoro.
Durante le pause, però, il bambino non va lasciato libero di fare quello che vuole. Occorre quindi stabilire dei compiti comportamentali (es: cancellare la lavagna, mandarlo a fare le fotocopie ecc…).
Le REGOLE  devono essere CHIARE E CONOSCIUTE DA TUTTI.
Esse risultano importanti, poiché aiutano a:
  • organizzare spazi e tempi
  • sapere in anticipo quali azioni sono errate
  • prevedere con anticipo esiti e conseguenze
Come docenti, possiamo aiutare questi bambini anche spronandoli e supportandoli nel riordinare le storie. Prendiamo una fiaba, ad esempio, dividiamola in sequenze, ritagliamo le sequenze e mischiamole, poi aiutiamolo a rimetterle in ordine (all’inizio sarà un disastro poi, poco alla volta, riuscirà a farlo).
Le REGOLE DELLA CLASSE devono, come abbiamo detto, essere condivise e si deve dare ai ragazzi la possibilità di approvarle e modificarle.
Esse devono essere:
  • positive (non divieti!)
  • semplici ed espresse chiaramente
  • descrivere azioni in modo operativo
  • utilizzare simboli pittorici colorati
  • poche
Molto importante è poi il RINFORZO SOCIALE: diamo un PREMIO al bambino che rispetta le regole (esempio facciamo un gioco oppure mettiamogli le faccine sorridenti accanto ai voti postivi…).
Quali sono le conseguenze della malattia sul piano dell’apprendimento?
  • Disgrafia
  • Difficoltà nella stesura di testi scritti
  • Difficoltà nell’esposizione orale
  • Difficoltà nella soluzione dei problemi
  • Difficoltà nella memorizzazione e nel richiamo delle conoscenze pregresse
Diamo al bambino l’orario scolastico giorno per giorno (ogni giorno di un colore diverso), descriviamogli tutte le materie in modo ordinato.
Il bambino ADHD è avverso alla scuola, perché, nonostante gli sforzi che compie, non ottiene risultati. Questi bambini rifiutano i lavori lunghi, anche se semplici, hanno difficoltà di lettura e di comprensione del testo scritto, fanno meno fatica ad ascoltare.
Occorre, dunque:
  • Accorciare i tempi di lavoro
  • Ricorrere al canale visivo (fumetto)
  • Far ripetere al ragazzo le informazioni rilevanti
Prestiamo attenzione alla disposizione dei banchi. Il bambino ADHD non deve stare accanto alla cattedra, non deve stare vicino ad elementi di distrazione, deve stare in posizione centrale (lontano da cestino, finestra, porta); non deve esserci nulla sul suo banco né sul banco del suo compagno. Occorre cambiargli spesso il compagno di banco. Non spostiamolo mai oltre la terza fila, lasciamolo in una posizione che ci consenta di mantenere con lui il contatto visivo.
Come regolarci con le verifiche:
  • Suddividiamole in piccole parti
  • Concordiamo segnali comprensibili a noi e a lui per indicare la perdita di concentrazione
  • Avviamo il bambino all’autocontrollo sul proprio prodotto scolastico: caccia all’errore
  • Non prestiamo troppa attenzione ai suoi pasticci (cancellature)
  • Curiamo la comprensione delle consegne scritte
  • Accertiamoci che abbia compreso la consegna nella sua interezza
  • Mai domande aperte
E poi:
  • Dettiamo i compiti prima del suono della campanella
  • Avviciniamoci al suo banco durante la dettatura
  • Moduliamo sempre la voce (siamo espressivi)
  • Richiamiamo spesso la sua attenzione, ponendogli domande
Per quanto concerne il RINFORZO:
  • Scegliamo il comportamento da incrementare
  • Scegliamo il rinforzatore
  • Applichiamolo
Scopriamo qualche suo interesse, qualche sua passione e facciamolo parlare di questa alla classe: i compagni lo troveranno interessante e per lui sarà motivo di autostima, mentre per noi di stimolo alla motivazione. Così facendo, si alzerà anche il suo livello di apprendimento e lui starà più volentieri in classe.
Per coltivare la CRESCITA DELLA MOTIVAZIONE:
  • Manteniamo il contatto oculare
  • Riconduciamolo al compito da svolgere
  • Aiutiamolo a strutturare
  • Coinvolgiamolo nelle attività
  • Incoraggiamolo
  • Individuiamo i suoi punti di forza
Laura Veroni

5 commenti:

  1. Grazie Lau!
    Complimenti per il sito e per l'aggiornamento on line

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  2. Grazie a te, per il tuo interessamento, Maria Rita!
    Un sorriso

    Lau

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  3. Mio figlio è affetto da adhd ed altre patologie associate,non è facile per niente quando a scuola ti peggiorano ! purtroppo nessuno fa nulla di quello che ho appena letto ,come parlare con il soggetto colpito ecc.. mi chiamano solo con la speranza che io lo porti via e lasci gli altri lavorare tranquilli!MIO fglio a un assistente (aec) e sostegno..,ma purtroppo l'AEC NON è IN GRADO DI GESTIRLO,cosi' ho chiesto la sostituzione ed a breve ci sara'! questo assistente lo sta soltanto confondendo e complica le cose..ma capisco che non è facile stare dietro al mio bambino di 12 anni.è un articolo eccellente questo che ho letto,e sono vicina a tutte le mamme che hanno i figli come il mio,poichè soprattutto a scuola so cosa significa essere emarginati sia io che mio figlio. alle scuole elementari l'anno scorso le famiglie hanno fatto uno sciopero contro mio figlio,io stavo a scuola senza poter lavorare è stato difficile e come non ho dimenticato io quel dolore,ancora oggi,non dimentica mio figlio! Ci vorrebbe piu' informazioni sia per genitori,docenti e tutti,solo chi vive queste difficolta' puo' capire. un saluto

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    1. Nella classe di mio figlio (che non detto che non sia anche lui un ragazzino con un problema di questo genere) si sta affrontando un problema analogo.Assolutamente differente il modo in cui il problema è stato affrontato in prima media rispetto a come lo si sta affrontando oggi. Discutere e parlare è assolutamente fondamentale!

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  4. Grazie per il Suo commento!
    Spero che lo possano leggere in molti e che Lei e Suo figlio possiate avere l'aiuto necessario.

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