lunedì 9 aprile 2012

LA TEORIA DEI BISOGNI, IL TRANSFERT E IL CONTROTRANSFERT NELL’EDUCAZIONE


CORSO DI FORMAZIONE DOCENTI 
SABATO 24 MARZO 2007 ORE 9.30 – 17.30
  LA TEORIA DEI BISOGNI
IL TRANSFERT E IL CONTROTRANSFERT NELL’EDUCAZIONE

RELATORE: DR. PIETRO LOMBARDO
  Sintesi del corso
(appunti personali, non rivisti dal relatore)
 
L’EMPATIA E LA TEORIA DEI BISOGNI
Base di tutte le relazioni umane è l’EMPATIA. Essere in empatia con qualcuno equivale ad entrare in relazione con lui. Questo è quello che deve fare l’educatore/insegnante con l’educando/alunno.
E per questo occorre uscire dall’individualismo, pur salvaguardando la propria individualità. Nell’educazione agiamo sempre in un contesto e il contesto è quello che forma: si tenga presente, infatti,  che l’IO si definisce nel TU (CON-TE-STO). Il contesto è l’ambiente nel quale sto ed è quello che forma, che forgia e dà all’insegnamento e all’educazione la possibilità di avvenire e dare frutti. Teniamo presente, però, che nell’educazione entrano in gioco diversi fattori:   
EREDITARIETA', RELAZIONE PERSONALE, CONTESTO.
                 
Questo rappresenta il triangolo educativo, nel quale ognuno porta le proprie potenzialità, i primi limiti e il proprio bagaglio culturale. Ciascuno di noi entra nel triangolo educativo con un proprio codice soggettivo in base al quale risponde agli eventi.
Come educatori, dobbiamo aiutare i nostri alunni ad affrontare i problemi, mostrandoli loro da una diversa prospettiva rispetto a quella dalla quale nascono, partendo dal presupposto che dove c’è un problema c’è SEMPRE una soluzione, tuttavia non si può risolvere un problema allo stesso livello in cui è stato generato. A noi occorre cogliere le diverse sfaccettature e porre l’alunno di fronte ad un metodo adeguato, altrimenti questi affronterà la soluzione in maniera errata, perdendo l’autostima. Spetta a noi docenti mettere l’alunno in una diversa modalità di approccio.
Nostro dovere è non farci prendere dall’ansia, perché l’ansia crea un disturbo mentale, impedendoci di vedere in modo razionale la realtà della cose. E’ importante dunque saper contenere l’ansia ed essere di guida e di conforto per i nostri ragazzi.
Come tenere l’ansia sotto controllo e farci guida? Tramite l’EMPATIA, che ci consente di mantenere la DISTANZA EMOTIVA. Empatia è diversa infatti da simpatia (sento con l’altro, insieme, allo stesso modo). L’empatia ci consente di mantenere i CONFINI PSICOLOGICI.
Se so che di fronte ad un problema c’è la soluzione, genero tranquillità nell’altro ed entro in empatia con lui.        
La mosca nella bottiglia che gira intorno e non fa la cosa più semplice per uscire (dirigersi verso il collo della bottiglia) è il simbolo della rigidità mentale che ci fa restare nel solito clichè, impedendoci di uscire e risolvere il problema.
Il primo ambito in cui avviene l’educazione è la famiglia. Compito di una famiglia sana è di essere funzionale ai problemi dei propri membri. La famiglia sana e reale è fatta di conflitti della convivenza e della quotidianità. La famiglia DISFUNZIONALE non sa andare incontro ai bisogni del bambino, la famiglia sana sì, perché COMUNICA.        
La scuola è il secondo contesto educativo ed è l’ambiente che dovrebbe mettere in luce e in evidenza i lati positivi della persona.        
Quando le cose vanno bene, i bisogni lasciano il posto alle aspirazioni e dall’egocentrismo passiamo all’allocentrismo, diventando maturi, non più centrati sui nostri bisogni, ma su quelli degli altri.
  TRANSFERT E CONTROTRANSFERT NEL PROCESSO EDUCATIVO       
Quello che noi viviamo nella relazione è più un contenuto inconscio che conscio.
Quando siamo di fronte ad un bambino in cui va tutto bene (è intelligente, normodotato, socievole…), ma che presenta difficoltà di apprendimento, allora significa che alla base c’è un problema relazionale.    
Nel processo educativo, si trasferiscono su di una persona le proprie aspettative (TRANSFERT) e si ottiene una risposta in base a quanto l’altro riceve (CONTROTRANSFERT).
  PAROLE CHIAVE DEL TRANSFERT E DEL CONTROTRANSFERT sono:
·            RELAZIONE EDUCATIVA
·            COMUNICAZIONE (capacità di entrare in rapporto)
·            INTERDIPENDENZA ( struttura di una relazione educativa)
·            PROCESSI CONSCI E INCONSCI
·            TRANSFERT
·            CONTROTRANSFERT
·            RUOLO – FUNZIONE.
Un buon educatore è colui che aiuta l’educando a comprendere le situazioni, le difficoltà e i dolori. Ma una persona non può aiutare un’altra a guarire, se è malata lei stessa, quindi l’educatore deve essere “sano” in partenza.     
Come prima cosa, la realtà non va mai negata al ragazzo, ma occorre essere ONESTI, AMOREVOLI E PAZIENTI. Inoltre non dobbiamo intendere l’educazione come un passaggio da A a B, bensì da A con B. L’educazione è dunque un percorso da fare INSIEME. Occorre costruire insieme, perché non basta ereditare: l’alunno che eredita, senza avere costruito, perderà presto quanto ereditato.
Nostro compito di educatori è INSEGNARE A COSTRUIRE LA FELICITA’.
Dobbiamo poi tenere sempre presente che l’educatore non può mettersi sullo stesso piano dell’educando: essere genitore/docente amico è sbagliato! L’educatore, infatti, svolge un RUOLO ben preciso e non deve mai perderlo di vista.
La COMUNICAZIONE  è alla base dell’educazione, così come di ogni relazione umana. Una buona comunicazione crea una congiunzione tra persone diverse con funzioni diverse.
  
  L’alunno è in formazione, mentre  il docente è già formato.
  Esistono due tipologie di obiettivi: quelli di traguardo, che hanno un termine; e quelli di formazione, che costituiscono un processo continuo che non termina mai, ma dura per tutta la vita, come, ad esempio la conquista e il mantenimento dell’autostima e la formazione cosiddetta permanente. L’educazione si occupa della seconda tipologia.
L’insegnante, che ha già individuato un progetto di vita, ha il compito di portare l’alunno a formularne uno a sua volta e questo tramite l’apprendimento, tenendo presente che per imparare ci vuole DESIDERIO di farlo.
Tra docente e alunno ci vuole circolarità  relazionale: il docente si rivolge all’alunno che riceve il messaggio e si rimanda con la sua risposta al docente. Questa circolarità avviene su due piani: conscio e inconscio. E non crediamo che l’inconscio sia in conoscibile (già Freud lo aveva trovato nell’interpretazione dei sogni, ma possiamo ritrovarlo anche nelle manifestazioni psicosomatiche).
L’opera pedagogica si esercita su tutto l’uomo. Una sana pedagogia si impronta su moralità e volontà. Esistono tre tipi di bene: il BENE PER IL PIACERE ( vado al cinema, perché mi piace); il BENE UTILE (non mi piace la medicina, ma la prendo, perché mi serve per guarire); il BENE ETICO ( non mi dà piacere, non mi è utile, ma lo faccio, perché risponde ad un mio valore morale intrinseco. Es.: raccolgo una carta da terra, anche se non l’ho buttata io, perché penso alla salvaguardia dell’ambiente). Ed è proprio sul bene etico che dobbiamo puntare come educatori.
La comunicazione è a 4 voci:        
cognitivo, emotivo, affettivo, valoriale (relazione educativa: insegnante positivo/negativo - alunno positivo/negativo).
Ogni docente deve sapere che l’Emozione facilita l’apprendimento, perché il più grande desiderio dell’essere umano è ESSERE AMATO.  
La chiave della relazione sarà allora essere presente nel mio presente.
Poiché il BISOGNO DEL BAMBINO E’ QUELLO DI ESSERE RICONOSCIUTO, facciamogli capire che E’ BELLO STARE CON LUI! E’ BELLO CHE LUI ESISTA.        
L’insegnante in classe dev’essere presente con tutto se stesso e deve farlo percepire ai suoi alunni: che bello stare con voi! Se faremo questo, anche i nostri ragazzi avranno piacere di stare con  noi e impareranno più facilmente.
Nell’insegnamento dobbiamo:
·         metterci l’entusiasmo , perché trascina;
·         essere giusti (non fare preferenze);
·         essere onesti , riconoscendo i nostri sbagli: siamo umani e possiamo sbagliare. Ammettendo l’errore diventiamo più credibili!
·         Gestire le emozioni, non negarle.
  Stimoliamo nei ragazzi l’”innamoramento” verso di noi, perché l’alunno “innamorato” studia più volentieri, per fare piacere all’oggetto del suo “amore” (noi).   
Più difficile per l’insegnante gestire una relazione plurima, in quanto noi abbiamo a che fare con tanti alunni che formano la classe, mentre gli alunni si rapportano a noi singolarmente ed individualmente. Noi dobbiamo mettere in atto un controtransfert molto esteso (possiamo risultare simpatici ad alcuni ed antipatici ad altri).        
Mettendo tutto di noi nella relazione educativa, trasferiamo contenuti emotivi, affettivi, cognitivi, valoriali sugli altri (transfert) e riceviamo in cambio delle risposte. Il controtransfert è come un insegnante risponde al transfert dell’alunno. Poniamoci sempre alcune domande, nella relazione con i ragazzi: se, ad esempio, un bambino ha bisogno di attenzione e fa confusione in classe in classe per attirarla, io come reagisco?       
Attraverso l’EMPATIA devo mettere in atto il controtransfert adeguato.        
E’ molto importante a scuola lavorare in equipe tra colleghi, in modo da mettere in atto tutti le stesse strategie educative sui ragazzi, se vogliamo ottenere risultati positivi, specie se siamo di fronte ad alunni problematici. Lavorare in gruppo, infatti, moltiplica le energie e le possibilità di successo. Nell’educazione, il transfert è molto importante: noi siamo guide e maestri di vita; in assenza di un maestro per guida, il ragazzo si appoggia all’idolo (vd. cantanti, attori…) che quasi mai trasmette valori importanti per la vita.
  DIVENTARE CONSAPEVOLI DEL TRANSFERT E DEL CONTROTRANSFERT SIGNIFICA IMPARARE A GESTIRE L’EDUCAZIONE.
Nostro compito è aiutare gli alunni a diventare autonomi, a gestire e utilizzare le loro risorse interne, per aiutarli a star bene.  
Teniamo comunque presente che nella relazione educativa noi portiamo il nostro vissuto esattamente come lo portano i nostri ragazzi.     
Avvenendo il transfert a livello inconscio, noi possiamo proiettare sull’altro qualcosa del nostro passato senza rendercene conto. Nel momento in cui ci troviamo a dover gestire delle “resistenze” comprendiamo di essere arrivati ad un punto critico. Guardiamoci dentro e cerchiamo di capire che cosa ci sta succedendo (la situazione può essere rovesciata e riversata sull’alunno, che può vedere in noi aspetti negativi, o postivi, dei propri genitori e questo può favorire od ostacolare la relazione).        
Evitiamo di infondere la cultura del fallimento. Per esempio, cerchiamo di far vedere la bocciatura in modo positivo, laddove avvenga: non ripeti l’anno, impari a conoscere in modo adeguato rispetto a prima; non preoccuparti del voto, occupati a migliorare te stesso!
Tornando alle resistenze di cui sopra, quando si verificano sentimenti quali OSTINAZIONE, AMBIGUITA’, RESISTENZA, significa che siamo molto vicini al transfert.
  OSTINAZIONE:
Osserviamo per bene i comportamenti, poiché anche nell’assurdità di un comportamento c’è una sua logica (es.: ci sono alunni votati al “sabotaggio” di se stessi. Cerchiamo di capire perché!). Prima cosa: sospendiamo il giudizio. Questo ci aiuterà ad avere  vero dialogo, perché è solo nel dialogo che possiamo capire l’altro.        
Se un alunno non studia e ci dice “Non ho voglia di studiare”, cerchiamo di capire il perché. Studiare può essere fonte di stress, di ansia, di sgridate dei genitori… Es. di risposta: “Non ho voglia di studiare, perché sono pigro”. Nessuno nasce pigro. Da dove gli deriva allora quest’affermazione? Ristrutturiamo l’evento, andiamo alla ricerca della causa nel passato, scaviamo nel suo profondo, aiutiamolo a farlo lui stesso e troveremo la chiave per sbloccare la situazione.
Non dimentichiamo che OGNUNO COSTRUISCE IL PROPRIO COMPORTAMENTO IN BASE ALL’IMMAGINE DI SE’ e che questa spesso gli deriva dalle parole degli altri (genitori, insegnanti…). L’antidoto più potente contro i fallimenti è la VERITA’.
  AMBIGUITA’:
è tipica nei rapporti. Nella parte che io non approvo dell’altro c’è qualcosa di me, nel mio passato, che “gratta” con la situazione presente. Cerchiamo di capire quale, scavando dentro noi stessi.
  RESISTENZA:
la resistenza al cambiamento è un meccanismo di difesa molto comune. Tuttavia consideriamo che la vita è fatta di cambiamenti e che noi siamo chiamati con certezza ad almeno due di essi: la trasformazione di noi stessi nel tempo e la morte.         
Di fronte al cambiamento reagiamo solitamente in tre modi: con rabbia, con autocommiserazione e con negazione. Sono tutti modi immaturi. L’unica cosa da fare è prendere coscienza che il cambiamento fa parte della vita e quindi va accettato.
  Ma veniamo al CONTROTRANFERT. Esso è l’insieme delle reazioni inconsce del docente alla persona dell’alunno e più particolarmente al suo transfert.         
La controtraslazione è l’atteggiamento emotivo del docente verso l’alunno, inclusa la sua risposta e particolari comportamenti. Dai risultati che ottengo come docente (l’altro che cresce, interviene in classe, mentre prima non interveniva mai, diventa meno aggressivo…) capisco a che livello di relazione sono giunto.  Per il docente è importante ESERCITARSI NEL CONTROTRANSFERT attraverso i comportamenti che l’alunno suscita col suo transfert. Se il comportamento dell’alunno mi suscita una forte emozione, vuol dire che tocca un mio punto debole e quindi io posso conoscere quella parte oscura di me e prendermene cura.
  INDIZI GENERALI COMPROMETTENTI:
Assunzione o rifiuto spontaneo, a priori, di alcuni compiti:
·         D’autorità o consigliere o mediatore
·         Eccesso o assenza della partecipazione emotiva nella relazione
·         Scelta praticamente esclusiva o esclusione quasi sistematica di alcune categorie (anziani, giovani, donne, uomini, adulti, bambini…).
Quando si verificano alcuni di questi segni, significa che la situazione educativa è contaminata da elementi controtransferali. Occorre allora guardarsi dentro, osservarsi e comprendere che cosa sta accadendo. Magari in quell’alunno vediamo una parte di noi che ha vissuto quello che sta vivendo lui e che non ci è piaciuto vivere.
  ECCESSI NEGATIVI E POSITIVI NELLA RELAZIONE DOCENTE / ALUNNO:
·          Disagio - tristezza – depressione – noia
·          Esaltazione – entusiasmo – eccitazione – attaccamento
·          Bruschi sbalzi emotivi – vivo interesse – acuto fastidio
·          Turbamento dei suoi giudizi – apprezzamenti – critiche
·          Negare: conforto – lode – incoraggiamento
·          Spingere all’aggressività contro
·          Interferire nella sua vita personale
·          Evitare le frustrazioni e le delusioni vissute (es. non ce la sentiamo di dare brutti voti).
  A volte è necessario produrre un cambiamento, ma è da tenere presente che l’unica cosa che produce cambiamento è l’azione. Non pensiamo, dunque: agiamo!
  CARATTERISTICHE DEL BRAVO DOCENTE
·         Molto importante nell’insegnamento è l’elemento sorpresa: la prevedibilità nuoce all’insegnamento e all’apprendimento (vd. la figura eccezionale del professor Kitting nel film “L’Attimo Fuggente”!).
·         Altro elemento importante per insegnare bene è la seduzione. Noi dobbiamo SEDURRE (= condurre a sé) i nostri alunni, per suscitare interesse in loro. Ricordiamoci che gli alunni sono molto affascinati quando gli insegnanti parlano di sé (si torna al concetto di relazione come rapporto non da A verso B, ma da A con B). E’ importante la nostra capacità di metterci in gioco, mantenendo sempre il nostro ruolo. I ragazzi amano le storie vissute dai grandi, perché vi trovano elementi per costruire la propria.
·          Il docente dev’essere un mediatore tra la realtà intrapsichica e il mondo esterno. RENDI LA TUA VITA STRAORDINARIA… CARPE DIEM!... (Kitting). Il docente pone delle domande, non dà delle risposte; fa capire che il processo della riflessione, del ripiegarsi su se stessi aiuta a divenire consapevoli. Per far questo, deve aver fatto proprie e prese dentro di sé le cose che vuole trasmettere agli altri.
·          Deve far vincere ai propri alunni la resistenza al cambiamento
·          Non deve temere il giudizio altrui, perché crede in quello che fa
·          Deve dar voce ai pensieri dei suoi ragazzi (empatia)
·          Deve educare con la corporeità (vicinanza fisica)
·          Deve far capire che si diventa adulti non quando si continua a chiedere che cosa il mondo e la vita hanno fatto o fanno  per me, ma quando si arriva a domandarsi CHE COSA POSSO FARE IO PER IL MONDO E PER GLI ALTRI?, perché qui c’è il senso e lo scopo della vita.
·          Deve aiutare a cambiare il punto di vista, spingere i suoi alunni a mettersi in gioco
·          Deve smuovere dentro l’intimo dei suoi ragazzi: quando loro trovano una persona che coglie i loro lati positivi, li colgono anche loro in se stessi per risonanza. Come faccio, infatti, a conoscermi, se non c’è chi mi aiuta a farlo?
·         Deve favorire l’autostima
·         Deve agire in piena empatia.
 Ogni insegnante dovrebbe allenarsi ad essere come il Kitting dell’”Attimo Fuggente”.

Laura Veroni

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