ADHD, DISTURBO
DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’
CORSO DI AGGIORNAMENTO
UNIVERSITA' DELL'INSUBRIA DI VARESE
Il corso è
stato organizzato totalmente dall’AIFA Onlus Lombardia, a
tutt’oggi l’unica Associazione di Famiglie in Italia, che, grazie al suo
operato, ha contribuito al riconoscimento del disturbo.
Per merito della suddetta Associazione, è ora possibile diagnosticare l'ADHD e
affrontarne le problematiche connesse con terapie adeguate.
L'AIFA ha inoltre contribuito a diffondere la conoscenza di questo disturbo.
Per maggiori informazioni clicca su AIFA Onlus Lombardia
(per tornare all'articolo, freccia INDIETRO).
Una volta,
nemmeno si sapeva che cosa fosse l’ADHD, così come non si conoscevano molte
altre problematiche degli alunni.
Quando io ero bambina, per esempio, negli anni ‘60/’70, nelle classi, gli
alunni venivano giudicati bravi o somari e a nessuna maestra veniva in mente di
convocare i genitori di bambini particolarmente irrequieti e disturbatori,
nonché disattenti e con scarso rendimento scolastico, per comunicare loro il
sospetto che i figli fossero affetti da ADHD.
Fortunatamente, oggi i nostri ragazzi ricevono molte più attenzioni, sia da
parte delle famiglie che degli insegnanti stessi, e i loro problemi vengono
colti e raccolti dagli adulti di riferimento con la giusta attenzione, anche
grazie ai progressi della scienza medica e all’apertura della scuola alle
famiglie, nonché alle strutture sociosanitarie, che hanno visto il realizzarsi
di una reciproca collaborazione fattiva tra i vari soggetti, a vantaggio dei
ragazzi che vivono determinati disagi.
30/03/2011
ASPETTI CLINICI
DELL'ADHD
Dott.ri Paolo Piccinelli e Cristiano Termine
ADHD significa DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’ e colpisce
circa il 4% dei bambini in età scolare.
Questi bambini sono spesso normalissimi e non è sempre facile diagnosticare il
disturbo, anche perché molti soggetti sono borderline.
L’ADHD è una
malattia che richiede molta fatica, da parte di chi vive accanto al bambino che
ne è affetto. In particolare, i genitori si trovano a dover affrontare un
compito gravoso, spesso non capiscono come il figlio possa comportarsi in un
determinato modo, nonostante i loro insegnamenti, e capita che vadano in crisi
a loro volta, che si autocolpevolizzino, che si mettano in discussione proprio
come genitori. A volte si arriva persino alla crisi della coppia genitoriale.
Non è facile vivere con un soggetto affetto da ADHD, per questo occorre una
collaborazione fattiva tra famiglia, scuola e specialisti.
La prima cosa da fare consiste nel MIGLIORARE le relazioni, affinché i
bambini non si sentano, e non vengano di fatto, isolati dagli altri, a causa
del loro comportamento eccessivamente disturbante e disturbato.
Spesso il loro comportamento equivale ad una difesa: più l’ambiente li sola,
più si sentono inadeguati, la stima di sé peggiora, diventano depressi e
peggiora anche la loro irrequietezza.
Importante sarà allora migliorare l’accettabilità sociale del disturbo.
Come? Cominciando dal guardare ai punti di forza del soggetto, anziché al
negativo del comportamento.
Per quanto
riguarda nello specifico i docenti, dovremo insistere sul piano didattico, su
quella che è la METACOGNIZIONE.
Dobbiamo quindi cercare di stimolare l’attenzione in modo motivante (non
umiliante) e rendere l’apprendimento divertente per quanto possibile. Dovremo, inoltre,
cercare di attuare interventi multimodali.
Nei casi più gravi, si dovrà ricorrere alla somministrazione di farmaci, sotto
stretto controllo medico, vista la loro pericolosità e i numerosi effetti
collaterali a carico dell’organismo a vari livelli.
Ma come
possiamo diagnosticare la malattia?
Non è certo semplice.
I genitori si
rivolgono molte volte ai medici con notevole ritardo, dopo numerosi tentativi
di “raddrizzare” il figlio attraverso castighi e discussioni. Gli insuccessi
scolastici, le risposte negative, l’aggressività, l’impulsività, la rabbia
espressa dal bambino, ad un certo punto, conducono la famiglia alla
disperazione e alla necessità di chiedere aiuto a degli esperti.
I medici, per
diagnosticare il disturbo, sottopongono il bambino a test del linguaggio, della
memoria, delle abilità visuo-spaziali-grafiche, delle funzioni logiche e
differenziali e delle funzioni esecutive. I test vengono ripetuti almeno
quattro volte.
Ai genitori vengono sottoposti dei questionari, così pure agli insegnanti,
secondo una scala di valori di interpretazione del comportamento del soggetto
preso in esame.
Tali test vengono ovviamente messi a confronto tra loro e considerati anche in
base all’osservazione diretta del bambino.
Capita spesso che il soggetto, analizzato in studio, metta in atto strategie di
difesa, tali che risulti impossibile rilevarne la problematica.
La condizione del bambino affetto da ADHD viene rilevata quando si manifestano
almeno sei atteggiamenti tipici del disturbo e quando questo dura da almeno sei
mesi continuativi. Teniamo presente, inoltre, che la malattia non compare
all’improvviso, ma si evolve nel tempo con una certa gradualità. Compare sin
dai primi anni di vita e si manifesta in tutti i contesti relazionali
(famiglia, scuola, gruppo sportivo, catechismo, oratorio ecc…).

Ma
torniamo al ruolo del docente, che ci riguarda da vicino.
Il docente DEVE accertarsi del livello di attenzione. A questo proposito,
sono FONDAMENTALI il CONTATTO VISIVO e quello AFFETTIVO. Occorre chiamare
questi bambini per nome, parlare con loro, capire come sono fatti, insomma,
instaurare con loro un RAPPORTO UMANO.
Dobbiamo fare sentire al ragazzo che ha una sua DIGNITA’ e non umiliarlo mai.
Dobbiamo inoltre dare REGOLE CHIARE, STABILIRE DA SUBITO I CONFINI DEI RUOLI.
Per quel che concerne più propriamente la didattica, invece, occorre dar loro
delle mappe logiche.
Dobbiamo concordare obiettivi comportamentali e didattici, allenare lo
studente a tenere in ordine il banco, preoccuparci che scriva sul diario
i compiti, favorire l’insegnamento con l’uso di strumenti multimediali,
assicurarci che abbia compreso le consegne, organizzare le verifiche
suddividendole in più parti, comunicargli i tempi di esecuzione del compito,
valutare i suoi lavori dal punto di vista del contenuto e non da quello della
forma, evitare di comminargli punizioni quali sospensione dell’intervallo
(sarebbe deleterio per un iperattivo) o copiatura forzata di compiti o
eliminazione di incarichi (che invece dobbiamo assegnargli per valorizzarlo),
dobbiamo gratificarlo spesso.
Campanelli
d’allarme, per individuare il problema, possono essere i seguenti:
- non presta attenzione ai particolari
- ha difficoltà nel mantenere l’attenzione su compiti e attività per
tempi prolungati
- non ascolta chi parla e non segue le istruzioni
- ha difficoltà ad organizzarsi nei compiti e cerca di evitare quelle
che richiedono sforzo ed impegno mentale protratti
- non rispetta il proprio turno d’intervento
- parla e interrompe continuamente gli altri
- è invadente.
La forma
più insidiosa di questo disturbo è rappresentata dalla DISATTENZIONE ISOLATA. In
questo caso, il bambino non è iperattivo, non dà fastidio, ma è sempre
con la testa tra le nuvole.
In questo caso, la diagnosi arriva con circa 4 anni di ritardo, rispetto agli
altri casi e rende ancora più difficile l’approccio.
La
sindrome ADHD non curata comporta una crescita disagiata del soggetto nei vari
ambiti dell’esistenza, con disturbi conseguenti della personalità e difficoltà
relazionali, insuccessi scolastici e lavorativi, possibili comportamenti
devianti nell’età adulta, più o meno gravi.
Il disturbo non guarisce da sé, generalmente tende a peggiorare, solo in
alcuni casi migliora, ma di poco, compromettendo comunque la qualità della
vita.
Quale
terapia dunque?
Si interverrà a vari livelli, con il PARENT TRAINING, un percorso psicologico
per le famiglie, il TEACHER TRAINING, destinato invece ai docenti, nonché,
ovviamente, il TRAINING mirato sul soggetto.
Un corretto
approccio al problema e un percorso diagnostico/terapeutico protetto viene
garantito dal REGISTRO NAZIONALE ADHD, il cui scopo è dare indicazioni corrette
per la gestione, la diagnosi e la terapia, monitorare la salute del bambino
tramite la rete di neuropsichiatri e centri di riferimento regionali.
Per gestire
correttamente il comportamento del bambino ADHD occorre creare un ambiente che
favorisca l’autoregolazione e la riflessività del bambino, semplice e
organizzato, con ritmi ordinari organizzati.
07/04/2011
FILMATO ADHD

L’ADHD è un
disturbo NEUROBIOLOGICO. Il soggetto che ne è colpito ne sarà affetto per tutta
la vita. Da bambino sarà molto agitato, mentre da adulto il suo comportamento
sarà più calmo, ma l’individuo soffrirà di una forte irrequietezza interiore.
E’ fondamentale che gli interventi siano tempestivi, proprio per evitare uno
sviluppo difficoltoso.
Come già accennato, il soggetto ADHD non è bene adattato all’ambiente, non sa
autogestirsi, va male a scuola, non ha amici, ha un vissuto di sofferenza.
Abbiamo anche visto che il disturbo si manifesta in tutti i contesti. A scuola,
per restare nel campo di nostro interesse, il soggetto ha bisogno di continui
stimoli che lo motivino e lo interessino, per cui passa da un’attività all’altra,
senza portarne a termine alcuna, non rispetta le regole, tantomeno i tempi e
gli spazi dei compagni. Dà l’impressione di voler fare tutto a modo suo.
Inutili risultano le punizioni, come, spesso, inutile è la dolcezza. Se non
riesce ad ottenere ciò che vuole, fa scene isteriche e capricci esagerati.
Ci sono voluti oltre 20 anni di ricerche scientifiche per capire che c’è una
stretta correlazione tra il comportamento di un certo tipo e un
disfunzionamento cerebrale che determina appunto il disturbo.
Oggi ci si rende conto che tale disturbo è sempre più diffuso.
Il soggetto che ne è colpito mostra un DEFICIT delle FUNZIONI ESECUTIVE
(esempio della partita a scacchi, in cui occorre pensare, pianificare le mosse,
prima di agire. In questo genere di partita, il soggetto ADHD sarà sempre
perdente, poiché non è in grado di mettere in atto strategie di pianificazione
e di attenzione).
L’ADHD è frettoloso, impreciso, impulsivo, non è in grado di organizzare il
lavoro (difficoltà anche a riordinare la cartella, il banco, la propria
scrivania). Tale soggetto predilige attività che seguano il suo ritmo di
lavoro, quali, ad esempio, i videogame.
Non riesce ad instaurare rapporti positivi con coetanei e con adulti, poiché
entra sempre in contrasto, non accettando le regole, volendo imporre le
proprie.
A scuola, getta la spugna, perché non riesce a coordinare più attività.
Spesso tali soggetti sono selettivi, assumono comportamenti a rischio per sé e
per gli atri (spericolati e distratti in bicicletta, svoltano senza guardare; a
piedi non guardano dove vanno ecc…). Da grandi, possono essere preda di alcool
e droghe.
E’ importante, dunque, fare una diagnosi clinica tempestiva. Essa verrà
effettuata tramite l’osservazione prolungata.
Il soggetto ADHD necessita di una terapia multimodale, con interventi
psicosociali e medici.
I soggetti coinvolti sono la famiglia, la scuola e ovviamente il bambino.
Questo perché l’ambiente deve supportare il soggetto.
Come docenti, noi dobbiamo facilitare la vita in classe del bambino e lo
possiamo fare scandendo la sua giornata con regole, ritmi e abitudini. Dobbiamo
anche organizzare lo spazio fisico intorno a lui, che non sia distraente,
quindi dobbiamo cercare una collocazione adeguata, possibilmente vicino alla
cattedra, lontano da fonti di distrazione (no vicino alla finestra).
Qualora tutti gli interventi psicopedagogici si rivelassero fallimentari o
inadeguati, si renderà necessario il ricorso alla terapia farmacologica.
ALUNNI ADHD:
DIFFICOLTA’ A SCUOLA, CON I COETANEI E CON SE STESSI
Dottoressa Marta Sella, psicologa e
psicoterapeuta cognitivo - comportamentale.
CARATTERISTICHE
PRIMARIE DEL SOGGETTO ADHD:
- DISATTENZIONE
- IMPULSIVITA’
- IPERATTIVITA’
CARATTERISTICHE
SECONDARIE:
- SCARSO RENDIMENTO SCOLASTICO/DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO
- BASSA AUTOSTIMA
- DIFFICOLTA’ DI RELAZIONARSI CON I COETANEI
- AGGRESSIVITA’ VERBALE/FISICA
Il bambino non
si sente più adeguato alle situazioni.
In lui è presente un DEFICIT DI AUTOREGOLAZIONE DELLE FUNZIONI ESECUTIVE:
difficoltà attentive e nella soluzione dei problemi.
LE FUNZIONI
ESECUTIVE COMPRENDONO:
- Inibizione della risposta (il bambino parla a sproposito, non sa
quando è il momento di tacere e quando è possibile intervenire, non
rispetta il proprio turno)
- Pianificazione (non è in grado di pianificare il lavoro né di ordinare
il materiale)
- Memoria di lavoro (non è capace di “tenere” le informazioni)
Tali Funzioni
Esecutive sono implicate:
- nel FUNZIONAMENTO SCOLASTICO (rapporto con insegnanti e compagni) con
ricaduta sul rendimento
- nell’INTERAZIONE SOCIALE (rapporti con familiari, amici, compagni)
A scuola, come
possiamo andare incontro alle sue difficoltà?
- Diamo verifiche con poche domande, diversamente, il soggetto si
scoraggia e pensa di non farcela, precipitando così nella depressione e
nella disistima
- Coinvolgiamolo in attività con i compagni, cosicché non si senta
e non venga isolato.
La vita in
famiglia risulta difficoltosa per tutti i membri e spesso i genitori si sentono
incompresi. A volte si sentono addirittura accusare dagli insegnanti di non
seguire abbastanza il bambino.
Le difficoltà di relazione manifestate del soggetto ADHD sono stabili e
predittive del funzionamento sociale futuro.
Ecco perché è importante un trattamento, quanto più possibile tempestivo, che
migliori le abilità sociali.
Gli ADHD non riescono a valutare la gravità delle conseguenze delle proprie
azioni (esempio: picchiano qualcuno e commentano “Ma non si è fatto niente!”).
Il bambino ADHD presenta delle caratteristiche ben precise:
- È poco popolare
- Non è particolarmente antipatico (alcuni sono addirittura simpatici)
- Non è cercato dai coetanei
- È in grado di farsi amicizie, ma non di mantenerle, a causa della sua
impulsività
- Tende ad imporsi aggressivamente nel gioco (liti, zuffe)
- Viene evitato dagli altri bambini
- Viene escluso dai giochi (perché non accetta e non rispetta le
regole, le stravolge a proprio favore, vuole imporsi …)
CAUSE DEI
PROBLEMI RELAZIONALI:
mostra difficoltà nelle:
- Abilità di partecipare a diverse attività in maniera adeguata
- Abilità a fare richieste in modo corretto
- Abilità a fare complimenti
Non sa quindi
chiedere le cose in modo corretto, vorrebbe fare dei complimenti, ma non è in
grado e risulta, al contrario, offensivo.
Le relazioni
insoddisfacenti dipendono dalla mancanza delle abilità sociali.
Questi soggetti
mostrano:
- Poca attenzione agli indizi emotivi e sociali degli altri
- Scarse abilità sociali
- Uso inadeguato degli approcci sociali
- Inadeguata consapevolezza degli effetti del proprio comportamento
sugli altri
- Scarsa empatia
- Incomprensione dei feedback
Quindi non
sanno comprendere il punto di vista degli altri, non comprendono
l’intenzionalità altrui e reagiscono con sorpresa ai diversi atteggiamenti di
adulti e coetanei (esempio: la mamma mi deve la paghetta, ma io mi sono
comportato male e non me la dà. Io la pretendo. Mi viene spiegato perché non mi
viene data, ma io continuo ad insistere MA ME LA DEVE DARE).
COME MIGLIORARE
LE ABILITA’?
Occorre:
- insegnare dei comportamenti sociali
- far riflettere sul proprio comportamento in relazione agli altri
- ascoltare gli altri, dimostrando di avere capito (chiediamogli di
ripetere quello che abbiamo detto). Importante mantenere il CONTATTO
OCULARE
- pretendere che rispetti i tempi della comunicazione
- insegnare QUANDO si inizia una comunicazione e QUANDO è il
caso che si concluda
- insegnare ad ascoltare
- insegnargli a scegliere le parole, a non offendere, ad attendere che
anche gli altri abbiano terminato di parlare
- dobbiamo RIPETERE LE ISTRUZIONI
- dobbiamo insegnargli a condividere senza volere qualcosa in cambio
- insegnargli ad accettare le sconfitte
- insegnargli ad accettare il compromesso
- insegnargli ad offrire il proprio aiuto e ad accettare la risposta
dell’altro che può non essere positiva
- insegnargli a ringraziare e a scusarsi.
Masi (2005)
sostiene che alla base dell’autostima ci sono SOLITUDINE E ABBANDONO,
RIMPROVERI, ISOLAMENTO DEI COMPAGNI, INSUCCESSI SCOLASTICI/SPORTIVI.
L’autostima legata
alle abilità sociali genera un circolo vizioso di difficile soluzione.
PROTOCOLLO
OPERATIVO:
- contatti Dirigente Scolastico – insegnanti – famiglia – specialisti
- condivisione di diagnosi, indicazioni di trattamento, suggerimenti
psico - educativi
- docenti e operatori clinici devono definire strategie metodologico -
didattiche per un migliore adattamento scolastico e sviluppo emotivo –
comportamentale
- sarà cura del docente utilizzare le tecniche educativo – didattiche (
a tale proposito, si consulti la Circolare Ministeriale Prot.
N. 4089 – 15/06/2010 . Se vuoi tornare all'articolo, vai sulla
freccia INDIETRO).
CRITERI DI
VALUTAZIONE:
Bocciare o promuovere il soggetto ADHD?
A tale proposito è fondamentale tenere presente che il comportamento del
bambino ADHD è conseguenza di una malattia e non un atteggiamento voluto e
intenzionalmente provocatorio.
E non
dimentichiamo che
IL BAMBINO ADHD E’ PRIMA DI TUTTO UN BAMBINO CHE CHIEDE DI ESSERE ASCOLTATO
E ACCETTATO.
LO STRESS DELL’INSEGNANTE DI FRONTE A CASI DI DIFFICILE GESTIONE
Dottoressa Francesca Sgroi
La professione
docente causa spesso stress da “lavoro correlato” e di “Burnout”, in quanto
coinvolge le emozioni, trattandosi di una professione basata sulla relazione e
sull’educazione.
Il docente è soggetto a critiche da più parti: dirigente scolastico, genitori,
alunni stessi.
Ma che cos’è lo stress? La parola significa SFORZO, SPINTA. Si tratta di una
forza applicata ad una struttura per verificarne la resistenza.
C’è lo stress positivo (EUSTRESS), che stimola l’organismo a sperimentare nuove
capacità di adattamento, ma se questo è eccessivo, ben presto si trasforma in
stress negativo e ci si ammala.
Tre sono le fasi dello stress:
- ALLARME: organi in allerta, adrenalina
- RESISTENZA
- ESAURIMENTO: il sistema immunitario va in deficit.
Burnout
significa bruciarsi. Ci si sente appassiti, senza più risorse. Avvertiamo un
forte stress, superiore alle nostre capacità di resistenza. L’individuo,
allora, si sente depresso, apatico.
CONSEGUENZE
DELLO STRESS:
- Emicrania
- psoriasi e malattie della pelle
- Disturbi del sonno
- Disturbi del tratto gastrointestinale
- Tristezza
- Senso di impotenza
- Rabbia
- Depressione
- Dimenticanze
- Lapsus
- Perdita delle abilità da problem solving
Come
conseguenze, si verificano assenteismi, ritardi ecc…
Lo stress è un processo che deriva dagli agenti stressanti, ma è anche
strettamente legato alla personalità dell’insegnante.
Vi
contribuiscono FATTORI ESTERNI:
- Istituzionali
- Di costume
- Interni alla scuola
- Legati alla classe
- Responsabilità intrinseca alla professione
- Fattori della vita quotidiana
- Presenza o meno di sostegno sociale
- Insegnante stesso (suo atteggiamenti di fronte agli agenti
stressanti).
Ogni insegnante
presenta proprie caratteristiche, atteggiamenti, stili di vita, abilità diverse
nel fronteggiare lo stress.
Esiste l’insegnante di tipo A, che vive uno stress autoprodotto (competitività,
ambizione…); e l’insegnante di tipo B, che vive meno stress (deroga molto, non
è arrivista ecc…).
ATTEGGIAMENTI A
RISCHIO DI STRESS:
- Autodepressivi
- Disapprovazione
- Critiche
- Scarso riconoscimento professionale
- Scarsa tolleranza alla frustrazione
- Impotenza verso l’organizzazione scolastica
- Rabbia verso gli alunni quando non si riesce a tenere la disciplina.
PER
FRONTEGGIARE LO STRESS occorrono:
- Abilità assertive (imparare a dire la propria)
- Capacità di mantenere la disciplina in classe
- Capacità di programmare il tempo
- Mettere in atto pratiche di autorilassamento
- Limitare le emozioni negative: collera, ansia, depressione.
Possiamo porci
di fronte al problema con un atteggiamento positivo (terapia razionale –
emotiva), ritenendo che gli eventi che ci capitano sono neutri cioè DIPENDE DA
COME NOI LI ACCOGLIAMO E LI AFFRONTIAMO.
Gli STILI
ATTRIBUTIVI rappresentano il MODO CHE CIASCUNO HA DI ATTRIBUIRE UNA CAUSA AD UN
EVENTO.
Possiamo, per esempio, rispetto alla dimensione temporale della situazione,
ritenere quest’ultima:
- STABILE (non sono MAI riuscito a tenere la disciplina)
- TRANSITORIA (quest’anno non riesco a tenere la disciplina)
Rispetto alla
pervasività della situazione, possiamo ritenerla:
- GLOBALE (investe tutti gli ambiti)
- SPECIFICA (investe un solo ambito)
Rispetto alla
causalizzazione della situazione, possiamo ritenerla:
- Causa interna (Non sono riuscita a terminare il programma, quindi è
colpa mia)
- Causa esterna (attribuisco la colpa ad altro)
Molto
importante è il GRUPPO DI LAVORO. Si tratta di un gruppo informale, finalizzato
al sostegno reciproco nella discussione dei problemi, al di fuori
dell’ufficialità, costituito da un numero limitato di persone. Ci si incontra
per discutere di problemi e si cercano soluzioni comuni e condivise, in questo
modo non ci si sente isolati e si crea il senso di appartenenza al gruppo che
aiuta a tenere lontano lo stress.
E veniamo a L’ALUNNO
ADHD IN CLASSE:
Tali soggetti sono incoercibili e resistenti alla punizione, perché i loro
comportamenti sono determinati da un disturbo e non da maleducazione.
Questi bambini sono molto selettivi nelle materie scolastiche. Si tratta di
soggetti che vanno facilmente in collera, che litigano con l’adulto, lo
sfidano, che rifiutano le regole, che irritano deliberatamente le persone e
accusano gli altri dei propri errori, sono spesso rabbiosi, dispettosi e
vendicativi.
Come può
sopravvivere l’insegnante in questo tipo di relazione?
Deve fare ricorso ad alcune strategie educative:
- Stabilire una priorità di problemi da risolvere, dal più serio a
quello meno serio (l’ADHD si alza dal proprio posto continuamente e va al
cestino per temperare, ma mentre va, pizzicotta un compagno? La priorità è
che smetta di pizzicottare il compagno, non che non sta seduto al suo
posto)
- Frazionare i compiti più grandi in unità più piccole
- Dirigere gli sforzi su uno o due problemi alla volta.
COME COMUNICARE
CON I GENITORI DEL SOGGETTO ADHD?
A volte, i genitori non accettano suggerimenti o negano addirittura il
problema, non sono collaborativi e colpevolizzano i compagni e gli insegnanti.
Cosa fare, allora, per favorire l’apprendimento del bambino ADHD?
- delegare ad un insegnante a casa l’aiuto personale, sensibilizzando i
genitori a far seguire il figlio
- non comunicare etichette diagnostiche alla famiglia
- comunicare col bambino.
Nella
comunicazione è fondamentale evitare la forma passiva: non bisogna essere
troppo morbidi; diamo ordini precisi e decisi, ma non aggressivi. Evitiamo
minacce, critiche, parole mortificanti. La severità eccessiva MORTIFICA e non
aiuta!
USIAMO LA COMUNICAZIONE ASSERTIVA: manteniamo la calma, siamo chiari, diretti,
decisi. Diciamo solo lo stretto necessario, rispettiamo la chiarezza, guardiamo
il bambino negli occhi, non usiamo i compagni come mediatori (evitiamo frasi
come “Diglielo tu”), non diamo ordini interrogativi (non diciamo: “Non ti
sembra ora di smetterla?” Lui potrebbe pensare di no, che non sia ancora ora),
evitiamo il sarcasmo, l’ironia, i confronti, le critiche negative.
Se dobbiamo riprenderlo, facciamolo piuttosto a tu per tu. Restiamo calmi nelle
situazioni di crisi, cerchiamo di essere accoglienti e propositivi, consapevoli
delle cause che scatenano la crisi. Diamo sempre regole, perché LE REGOLE SONO
RASSICURANTI, ma ricordiamoci che la loro FORMULAZIONE deve essere PARTECIPATA
e ricordiamoci di formularle in maniera positiva (non diciamo: “NON
parlate senza avere prima alzato la mano”, ma diciamo: “Alzate la mano, prima
di parlare!”).
Poiché ogni bambino è diverso dall’altro, teniamo conto delle diversità, nella
stesura del PROGETTO EDUCATIVO PERSONALIZZATO, partendo dalla rilevazione del
problema comportamentale.
Chiediamoci, quindi, quali siano le criticità (Non programma le attività? Non è
rivolto all’obiettivo? Non riconosce la difficoltà del compito? E’ caotico e
frettoloso?)
Se l’alunno
ADHD non tollera l’errore, la frustrazione, lo sforzo mentale, la costanza,
l’attesa del risultato, si innescherà una spirale negativa, che porterà
all’insuccesso scolastico e nella vita, con disturbi della personalità.
Per innescare la spirale positiva, il docente deve MOTIVARE il ragazzo.
ESEGUI IL TEST, PER
VALUTARE IL TUO LIVELLO DI STRESS
(tratto da: Di Pietro e Rampazzo, LO STRESS DELL'INSEGNANTE, Trento, Erikson)
(Se vuoi tornare all'articolo, vai sulla freccia INDIETRO).
13 Aprile 2011
ADHD IN LOMBARDIA,
UNO SGUARDO EPIDEMIOLOGICO
Dottoressa Anna Didoni
Si stima che
negli Stati Uniti la percentuale della popolazione, colpita da ADHD, trattata
con terapia farmacologica corrisponda all’8%, a differenza dell’Italia, il cui
dato si aggira intorno all’1%.
Come già visto nelle pagine precedenti, è fondamentale l’intervento tempestivo
su questi soggetti, per assicurare loro la possibilità di apprendere e di avere
una vita sociale soddisfacente.
Una domanda che viene spontaneo porsi è DOVE ANDARE? A CHI RIVOLGERSI?
E la risposta è: ai CENTRI DI RIFERIMENTO.
E’ importante sapere che esiste un REGISTRO che contiene i vari dati relativi
al monitoraggio dei soggetti ADHD, comprensivo anche delle terapie
farmacologiche, con lo scopo di verificarne la sicurezza e il beneficio.
Il Centro di Riferimento effettua una verifica e valuta la somministrazione del
farmaco, la cui durata, comprensiva di controllo, si aggira intorno ai 6 mesi.
Le sostanze con cui viene trattato il soggetto ADHD sono a base di
METILFENIDATO e ATOMOXETINA.
Tornando ai
dati, si stima che in Lombardia, nel 2008, su 860 soggetti, affetti da questa
sindrome, 209 erano in trattamento farmacologico, il che sta a dimostrare che
una percentuale minima di bambini assume farmaci. Nella maggioranza, si tratta
di maschi di età compresa tra gli 8 e i 12 anni.
Solitamente, sono proprio i genitori che si rivolgono ai centri di riferimento,
quando individuano nel proprio figlio i seguenti sintomi:
- PROBLEMI SCOLASTICI
- PROBLEMI DI APPRENDIMENTO
- ATTEGGIAMENTI DI OPPOSITIVITA’/PROVOCAZIONE
Generalmente,
questi bambini presentano più di una diagnosi (COMORBILITA’).
La durata della terapia farmacologica varia da soggetto a soggetto e può andare
da 1 a 1110 giorni, con una media di 500 giorni. Si evince che alcuni soggetti
la interrompano, a causa degli effetti collaterali o dell’inutilità della
stessa.
Ma quali sono questi effetti collaterali? Essi vanno dalla tachicardia, alla
sonnolenza, all’umore instabile, al dimagrimento, alla cefalea ecc…
Maggiori
informazioni si possono reperire sul sito dell’ISS (Istituto Superiore della
Sanità):
www.iss.it/adhd (per tornare all’articolo, clicca sulla
freccia INDIETRO).
COINVOLGIMENTO NELLA CLASSE; TECNICHE SPECIFICHE DI INTERVENTO PSICOEDUCATIVO
COMPORTAMENTALE; STRATEGIE E PROCEDURE
Dottoressa Lucia Cento
E veniamo alla
funzione DOCENTE e al rapporto col bambino ADHD nella classe.
La Dottoressa Cento fa notare subito quali sono i
comportamenti
da evitare assolutamente da parte dell’insegnante con l’alunno ADHD:
- Minacce e punizioni (generano
oppositività e/o chiusura)
- Note e rimproveri (generano
disistima)
- Compiti scolastici in eccesso (generano
rifiuto e disinvestimento)
- Sospensione
Dobbiamo sempre
tenere presente che IL BAMBINO ADHD NASCE COSI’, GLI MANCA
L’AUTOREGOLAZIONE e non lo fa apposta, quindi non va punito, perché il
suo comportamento non è una sua colpa, ma un problema di origine genetica.
La Dottoressa riporta il caso di un bambino in terapia con lei. La maestra lo aveva
punito per la sua “agitazione” in classe, facendogli scrivere sul quaderno per
100 volte SONO UN BAMBINO AGITATO. La dottoressa aveva fatto allora
scrivere al bambino, in risposta alla maestra: SOFFRO DI IPERATTIVITÀ
per 100 volte (al pc col copia-incolla).
Che cosa può fare l’insegnante con un bambino così?
Può:
- Instaurare delle routine (gesti e
rituali abitudinari quotidiani, da rispettare rigorosamente, nei limiti
del possibile, senza invertire l’ordine delle azioni)
- Stabilire delle regole (poche, da
un minimo di 3 a un massimo di 8, tutte rigorosamente formulate in forma
POSITIVA). Le regole variano da bambino a bambino e da classe a classe.
- Offrire informazioni di ritorno (es: se
fa male un compito, dirgli che cosa ha sbagliato, che cosa non è andato
bene)
E’ molto
importante che l’insegnante istruisca la classe sul comportamento da adottare
col soggetto ADHD.
Per fare questo, ovviamente, è necessario:
- essere in possesso di una certificazione diagnostica della malattia
(si può fare non prima dei 6 anni)
- avere concordato con i genitori il comportamento da tenere in classe e
l’opportunità di rendere l’intero gruppo di bambini partecipe del problema
(per questo è bene fare sottoscrivere ad entrambi i genitori il consenso
alla divulgazione del problema);
In un secondo
momento, risulterà opportuno:
- informare i bambini, in assenza del soggetto in questione,
- affrontare la discussione del problema, in un secondo momento, in
presenza del bambino stesso.
In questo modo,
si opererà per “equipe”: i compagni si domanderanno Che cosa possiamo fare
per lui? E lui si domanderà Che cosa posso fare io per loro? Così si
lavorerà in gruppo, per affrontare con maggiore forza e serenità il problema.
Il
coinvolgimento degli altri bambini è una sorta di tutoring o apprendimento
cooperativo, che dà comunque esiti positivi. Il bambino ADHD, infatti, deve
essere al centro di una rete che vede coinvolti vari soggetti: genitori,
docenti, compagni, psicologi, pedagogisti ecc…, tra i quali è importante ci sia
coerenza di intenti.
L’ADHD è una
PATOLOGIA INVALIDANTE dal punto di vista comportamentale e relazionale e il
soggetto colpito può essere considerato diversamente abile.
Tornando al
lavoro cooperativo col gruppo classe, è fondamentale che su tutto il gruppo si
instaurino delle routine, delle regolarità, delle scadenze prestabilite, in
quanto queste aiutano il bambino ADHD a comprendere:
Più routine si
realizzano, meno instabile sarà il comportamento.
Ma vediamo
alcuni esempi di routine:
- ingresso in classe ad ora fissa
- routine di inizio lezione (prendere visione del materiale, ad esempio)
- presentazione delle attività della giornata
- scansione dei tempi di lavoro
- pause concordate
- dettatura dei compiti e controllo
- routine di saluto e di uscita a fine lezione
Teniamo,
inoltre, presente che a questi bambini non si può chiedere di lavorare per
un’ora di seguito, ma occorre frazionare i tempi di lavoro.
Durante le pause, però, il bambino non va lasciato libero di fare quello che
vuole. Occorre quindi stabilire dei compiti comportamentali (es: cancellare la
lavagna, mandarlo a fare le fotocopie ecc…).
Le REGOLE devono essere CHIARE E CONOSCIUTE DA TUTTI.
Esse risultano importanti, poiché aiutano a:
- organizzare spazi e tempi
- sapere in anticipo quali azioni sono errate
- prevedere con anticipo esiti e conseguenze
Come docenti,
possiamo aiutare questi bambini anche spronandoli e supportandoli nel
riordinare le storie. Prendiamo una fiaba, ad esempio, dividiamola in sequenze,
ritagliamo le sequenze e mischiamole, poi aiutiamolo a rimetterle in ordine
(all’inizio sarà un disastro poi, poco alla volta, riuscirà a farlo).
Le REGOLE DELLA
CLASSE devono, come abbiamo detto, essere condivise e si deve dare ai ragazzi
la possibilità di approvarle e modificarle.
Esse devono essere:
- positive (non divieti!)
- semplici ed espresse chiaramente
- descrivere azioni in modo operativo
- utilizzare simboli pittorici colorati
- poche
Molto
importante è poi il RINFORZO SOCIALE: diamo un PREMIO al bambino che rispetta
le regole (esempio facciamo un gioco oppure mettiamogli le faccine sorridenti
accanto ai voti postivi…).
Quali sono le
conseguenze della malattia sul piano dell’apprendimento?
- Disgrafia
- Difficoltà nella stesura di testi scritti
- Difficoltà nell’esposizione orale
- Difficoltà nella soluzione dei problemi
- Difficoltà nella memorizzazione e nel richiamo delle conoscenze
pregresse
Diamo al
bambino l’orario scolastico giorno per giorno (ogni giorno di un colore
diverso), descriviamogli tutte le materie in modo ordinato.
Il bambino ADHD
è avverso alla scuola, perché, nonostante gli sforzi che compie, non ottiene
risultati. Questi bambini rifiutano i lavori lunghi, anche se semplici, hanno
difficoltà di lettura e di comprensione del testo scritto, fanno meno fatica ad
ascoltare.
Occorre,
dunque:
- Accorciare i tempi di lavoro
- Ricorrere al canale visivo (fumetto)
- Far ripetere al ragazzo le informazioni rilevanti
Prestiamo
attenzione alla disposizione dei banchi. Il bambino ADHD non deve stare accanto
alla cattedra, non deve stare vicino ad elementi di distrazione, deve stare in
posizione centrale (lontano da cestino, finestra, porta); non deve esserci
nulla sul suo banco né sul banco del suo compagno. Occorre cambiargli spesso il
compagno di banco. Non spostiamolo mai oltre la terza fila, lasciamolo in una
posizione che ci consenta di mantenere con lui il contatto visivo.
Come regolarci
con le verifiche:
- Suddividiamole in piccole parti
- Concordiamo segnali comprensibili a noi e a lui per indicare la perdita
di concentrazione
- Avviamo il bambino all’autocontrollo sul proprio prodotto scolastico:
caccia all’errore
- Non prestiamo troppa attenzione ai suoi pasticci (cancellature)
- Curiamo la comprensione delle consegne scritte
- Accertiamoci che abbia compreso la consegna nella sua interezza
- Mai domande aperte
E poi:
- Dettiamo i compiti prima del suono della campanella
- Avviciniamoci al suo banco durante la dettatura
- Moduliamo sempre la voce (siamo espressivi)
- Richiamiamo spesso la sua attenzione, ponendogli domande
Per quanto
concerne il RINFORZO:
- Scegliamo il comportamento da incrementare
- Scegliamo il rinforzatore
- Applichiamolo
Scopriamo
qualche suo interesse, qualche sua passione e facciamolo parlare di questa alla
classe: i compagni lo troveranno interessante e per lui sarà motivo di
autostima, mentre per noi di stimolo alla motivazione. Così facendo, si alzerà
anche il suo livello di apprendimento e lui starà più volentieri in classe.
Per coltivare
la CRESCITA DELLA MOTIVAZIONE:
- Manteniamo il contatto oculare
- Riconduciamolo al compito da svolgere
- Aiutiamolo a strutturare
- Coinvolgiamolo nelle attività
- Incoraggiamolo
- Individuiamo i suoi punti di forza
Laura Veroni