lunedì 9 aprile 2012

Le Relazioni Interpersonali


CORSO DI AGGIORNAMENTO SULLE RELAZIONI INTERPERSONALI
(appunti personali, non rivisti dal relatore)
Febbraio 2008
Conduttrice Dott. Luce Ramorino

·          primo incontro
La psicosintesi è una teoria e prassi psicologica che si sviluppa dalla psicoanalisi, per evolversi sul versante della Psicologia umanistica ed Esistenziale e su quello della Psicologia transpersonale. Essa si propone di descrivere la psiche umana attraverso delle mappe e parte dallo studio della mente SANA, a differenza della psicoanalisi freudiana, che partiva dalla mente malata.
La disciplina è stata concepita dallo psichiatra Roberto Assagioli, il quale si discosta dal pensiero freudiano, ritenuto da lui troppo riduttivo e rigido, rispetto all'ampiezza ed alla complessità della psiche umana.
La novità, nell'approccio psicosintetico, consiste nello sviluppo dell'idea secondo la quale, nella «cura dell'anima», alla fase analitica, deve seguire una fase sintetica, cioè più attiva e orientata alla scoperta della volontà personale. La Psicosintesi si prenda a cuore l'uomo nella sua interezza e nella sua unicità, fino alla realizzazione della sua dimensione spirituale (o transpersonale), in quanto vede in lui delle potenzialità evolutive.
Ognuno di noi, prima o poi vive una crisi esistenziale, dovuta a domande profonde che tutti gli esseri umani si pongono: chi sono, da dove vengo, dove vado? Per la psicosintesi, andare in crisi è positivo, in quanto sinonimo di sviluppo e di crescita.
La concezione integrale dell’essere umano, tipica della Psicosintesi, ne fa un metodo di autorealizzazione, teso alla pienezza delle sue quattro dimensioni: fisica, emotiva, mentale e spirituale.
I temi basilari del pensiero psicosintetico sono: le subpersonalità, l’integrazione della personalità attorno ad un centro unificatore, l’io personale, la volontà (buona, forte, abile), le funzioni psichiche, il modello ideale, la disidentificazione, la trasmutazione delle energie, la sintesi, lo sviluppo delle qualità superiori, l’espansione della coscienza, la meditazione, il supercosciente e il Sé transpersonale.
La Psicosintesi opera nei seguenti campi: psicoterapia, integrazione personale e realizzazione delle proprie potenzialità, educazione, rapporti interpersonali e sociali.
La caratteristica fondamentale della psicosintesi è di comprendere nella propria prassi anche lo sviluppo spirituale della persona. In particolare, per Assagioli, è essenziale, nel processo di sviluppo spirituale, entrare in contatto con il Sé transpersonale.
Nella psicosintesi l’uomo viene considerato nella sua totalità bio-psico-spirituale e il processo autorealizzativo (conosci-possiedi-trasforma te stesso) è promosso e focalizzato a due livelli:
psicosintesi personale (sviluppo psicologico ed espressione delle potenzialità, integrazione dei ruoli e dei compiti quotidiani in una vita più ricca e più piena);
psicosintesi transpersonale (contatto con i livelli superiori della psiche, risveglio interiore, scoperta di significati esistenziali).
L'obiettivo di base è risvegliare l'autocoscienza e l'esperienza della volontà, intesa  come facoltà di gestire consapevolmente le dinamiche intrapsichiche ed interpersonali e, infine, condurre l'individuo ed i gruppi umani alla scoperta di più ampi significati esistenziali.
La peculiarità del modello concettuale e operativo è espressa graficamente in due diagrammi: un ovoide ed una stella.
L'ovoide, che Assagioli considera immagine dell'anatomia della psiche, descrive i livelli e le parti dello psichismo umano. Le linee sono tutte tratteggiate, poiché le parti debbono essere distinte, ma non divise. La mancanza di distinzione, infatti, non ne permette il corretto uso: l'uomo deve essere educato a percepire la provenienza delle sue istanze psichiche, per comprenderle e finalizzarle. D'altra parte, la divisione impedisce l'azione della volontà: l'uomo deve essere guidato alla familiarità con le sue intrinseche diversità che, se vissute come parti comunicanti di una unità, sono coordinabili dalla volontà e sono anche la sua ricchezza.
All'interno di esso si trovano l'inconscio, nelle sue diverse componenti (inconscio inferiore, medio e superiore), un nucleo centrale, corrispondente al campo della coscienza con al centro l'Io. All'esterno dell'uovo si trova l'inconscio collettivo (esso è preponderante nei gruppi, come ad esempio, nella classe). L'Io non è altro che il riflesso del Sé. Il Sé è raffigurato sulla sommità dell'ovoide, quindi esso trascende l'individualità della psiche. È transpersonale, rappresenta quella dimensione trascendente che ogni essere umano possiede dentro di sé.
Occorre tenere presente che noi siamo permeabili, perciò i contenuti psichici entrano ed escono.
Un’attività da fare con i ragazzi a scuola potrebbe essere quella della realizzazione di cartelloni con scritte sopra delle parole positive, poiché l’ambiente esterno ha influsso sulla persona e sul gruppo.
1= inconscio inferiore;
2= inconscio medio;
3= inconscio superiore;
4/5= IO
6= io e sé interpersonale;
7= campo della coscienza.


La stella, rappresenta quella che Assagioli definisce la fisiologia della psiche. Essa descrive l'operatività dell'io personale, centro unificatore di elementi psichici vari ed eterogenei. L'azione dell'Io personale avviene attraverso l'uso di sensazioni, impulsi, emozioni, pensieri, immagini ed intuizioni che, conosciuti come funzioni, possono essere usati in modo armonico per costruire creativamente il futuro personale e di relazione. In questo modo si evita di subire deterministicamente e riprodurre meccanicamente, il passato.

La psicosintesi considera l’uomo un centro di coscienza in rapporto con una molteplicità di contenuti consci ed inconsci.
Lo scopo della psicosintesi è di unificare in una sintesi armonica i vari aspetti della personalità umana che vanno dal fisico all’emotivo, al mentale e spirituale.

1= percezione sensoriale;
2= emozione/sentimento;
3= impulso desiderio;
4= immaginazione;
5= intuizione;
6= pensiero;
7= volontà;
8= io.


·         secondo incontro
Se il primo incontro ha riguardato principalmente la parte teorica, come avvicinamento alla psicosintesi, nel secondo siamo partiti da un esercizio di interiorizzazione, mirando maggiormente alla pratica.
La dottoressa Ramorino ci ha invitati a passeggiare liberamente per l'ampio spazio dell'aula, incrociando gli sguardi degli altri, raccomandando il silenzio. Dopo qualche minuto, ognuno è tornato al proprio posto (eravamo disposti in cerchio) e si è seduto. La dottoressa ha invitato il gruppo a chiudere gli occhi e a seguire le sue indicazioni. La voce della terapista ci ha quindi guidati in un viaggio all'interno di noi stessi, a partire dalla nascita, per giungere fino all'oggi, percorrendo tutta la nostra vita (infanzia, fanciullezza, adolescenza, giovinezza, età adulta), focalizzando la nostra attenzione sui  momenti salienti che l'hanno costituita, su episodi particolari, su relazioni con genitori, fratelli, amici, insegnanti, compagni di vita, colleghi e via discorrendo. Siamo entrati in contatto col nostro IO profondo.
Ripensando al corso di preparazione al parto, ho rivissuto un po' la stessa sensazione di abbandono totale che provavo durante le sedute di traning autogeno.
Terminato l'esercizio, la dottoressa ha chiesto di esprimere le nostre impressioni.
Qualcuno è intervenuto, dicendo di aver trovato molto significativo e importante l'essere entrato in contatto con il suo IO BAMBINO, in quanto nel nostro lavoro di docenti abbiamo a che fare con bambini e questo ci aiuta ad avvicinarci al loro sentire e al loro porsi di fronte alle situazioni. Qualcun altro è invece intervenuto sulla prima parte dell'esercizio, quella degli sguardi, sottolineando il disagio/fastidio provato nell'incrociare lo sguardo altrui, quasi fosse un'intrusione nella propria intimità. Il contatto con gli occhi crea imbarazzo. Personalmente ho osservato che l'entrare in contatto con persone con cui ho maggiore confidenza non mi ha creato problemi particolari, mentre ho avuto più difficoltà ad incrociare lo sguardo di persone che conosco poco (siamo tanti docenti di un istituto comprensivo di due paesi). L'incontro con occhi "sconosciuti" mi portava a fuggire lo sguardo e a pormi la domanda E ADESSO? La terapista ha osservato che questa mia domanda pone l'accento sul RISCHIO della relazione. In ognuno di noi c'è una paura della relazione. "E adesso?" significa che posso essere introverso oppure che temo di non essere accettato o ancora che ho paura del giudizio degli altri. E' la stessa cosa che accade nella relazione docente - alunno. Tutti noi temiamo il giudizio e lo temiamo di più se da bambini ne siamo stati oggetto in maniera critica e negativa, in quanto ogni critica negativa tende a demolire l'io dell'individuo e a renderlo un soggetto depresso. Se la nostra autostima è distrutta dalle critiche altrui, dobbiamo lavorare su noi stessi e prendere le distanze dall'altro, cercando di comprendere le ragioni della critica e rendendoci indifferenti.
Le buone relazioni sono importanti nella vita, poiché aiutano a tirare fuori il meglio di noi stessi. Infatti, se stiamo bene in un ambiente, con i colleghi ecc..., abbandoniamo le nostre paure e ci esprimiamo liberamente.
Dobbiamo inoltre tener presente che le aspettative nei confronti dell'altro sono inconsce e influiscono sulla relazione e che, lavorando su noi stessi, antipatie e simpatie scompaiono. Queste infatti nascono da pregiudizi che abbiamo nei confronti degli altri, legati al vissuto della nostra infanzia o perchè rifiutiamo/assecondiamo un aspetto di noi stessi o perchè vi rivediamo aspetti di altre figure, legate a quel tempo lontano.
All'inizio di una relazione c'è il cosiddetto RAPPORTO FORMALE, che è molto importante, in quanto getta le basi per un incontro. Non dimentichiamoci che ognuno di noi ha qualcosa di valido dentro di sé e su questo dobbiamo puntare nella relazione. Teniamo anche presente che OGNI DIFETTO NASCONDE UNA QUALITA'. A noi scoprire quale. Per questo, nella conoscenza di un alunno, può esserci molto di aiuto la famiglia.
Dopo il livello inconscio e quello formale, esiste un altro livello nella relazione ed è quello legato ai RUOLI.
In una relazione i ruoli sono molto importanti ed è altrettanto importante che vengano rispettati, altrimenti la relazione si squalifica. A scuola, per esempio, è importante che l'insegnante sia l'insegnante e l'alunno l'alunno, che il preside sia il preside ecc... Rispettiamo la gerarchia: la confusione dei ruoli fa saltare la relazione. A casa, ad esempio, i figli che hanno troppo potere avranno difficoltà ad introiettare le figure di identificazione (i genitori). Ciò accade quando i genitori non si assumono il ruolo che compete loro (esempio: padre assente e madre che svolge entrambi i ruoli). E' negativo anche che i genitori siano amici dei figli.
Un altro ostacolo alla relazione è rappresentato dal perfezionismo.
Il quarto livello della relazione è la RELAZIONE UMANA ed è la base profonda che andrebbe sempre tenuta presente (magari tu sei uno studente che non vale niente, ma sei comunque una persona e come tale hai valore, sei un valore!).
E' importante, anzi fondamentale, la relazione umana, il CALORE UMANO tra le persone. E non bisogna trincerarsi dietro il proprio ruolo, per difendersi e bloccare le relazioni.
Un ulteriore livello della relazione è costituito dal RAPPORTO DI GUIDA, che consiste nel riconoscere nell'altro una persona più saggia di me, alla quale chiedo aiuto e consiglio.
·         terzo incontro
BASI DEL CONFLITTO/SIMMETRIA
·         EGOCENTRISMO
·         NON ACCETTAZIONE DELLE DIVERSITA'/UNIFORMITA'
·         IDENTIFICAZIONI RIGIDE DI "PARTE"
·         DIVISIONE NETTA: GIUSTO-SBAGLIATO, RAGIONE-TORTO
·         AUTOAFFERMAZIONE ESASPERATA: IO SI', TU NO
·         IDEALISMO-PERFEZIONISMO
·         ASSOLUTISMO/RELATIVISMO RIGIDO
·         CONFLITTI TRA TIPOLOGIE/TRA FUNZIONI
·         PREGIUDIZI - SIMPATIE - ANTIPATIE - ALLEANZE
PROPOSITO COMUNE/MOTIVAZIONE
·         INTERDIPENDENZA FUNZIONALE
·         COOPERAZIONE
·         CONSAPEVOLEZZA - FIDUCIA IN SE' E NELL'ALTRO
·         AUTO ED ETERO RICONOSCIMENTO (TALENTO)
·         RESPONSABILITA' INDIVIDUALE
·         COMPRENSIONE
·         COMPETENZA
Tenendo presenti i punti di cui sopra, esposti dalla relatrice ed evidenziati sulla lavagna, attiviamo un esercizio di introspezione/riflessione ad occhi chiusi su un rapporto conflittuale con i colleghi.
La voce della terapista ci guida nel nostro percorso:
vediamoci nel luogo di lavoro e nella situazione; vediamo gli atteggiamenti dell'altro che ci disturbano e cerchiamo di capire perchè ne siamo disturbati.
Teniamo presente che il CONFLITTO fa parte della relazione. Quando i conflitti vengono negati o repressi, la relazione rimane in superficie. Il conflitto, invece, può essere un modo per far comprende qualcosa di noi all'altro. Noi entriamo in conflitto, quando siamo irrigiditi su una nostra idea, perchè è come se ci sentissimo in discussione: viviamo la critica alle nostre idee come se fosse una critica alla nostra persona e ciò perchè siamo troppo identificati con la nostra idea. Occorre quindi mettere in atto un processo di disidentificazione. Siamo tutti esseri UNICI  e tutti DIVERSI: questo è alla base dei conflitti, ma, se sappiamo ricomporli, anche di un arricchimento personale nella diversità. Ad esempio, può esserci un docente più razionale ed uno più emotivo: essi guarderanno all'alunno con occhi diversi, ma, se accetteranno la diversità interpretativa della persona in oggetto, ne avranno una visione più completa e sfaccettata, quindi avranno l'occasione di conoscere meglio il soggetto, osservando il tutto, non più solo la parte.
Un altro passaggio fondamentale da cogliere consiste nel recepire che i rapporti sono sempre legati ad un TRANSFERT che noi riversiamo sull'altro. Se abbiamo un concetto negativo di noi stessi, tenderemo a screditare le nostre idee nei confronti di quelle altrui, viceversa, se abbiamo un concetto esageratamente positivo di noi, tenderemo a screditare le idee altrui.
Un primo passo per sciogliere i conflitti è l'ACCETTAZIONE della DIVERSITA'. Il superamento del conflitto avviene quando possiamo tendere verso l'altro senza perdere noi stessi: riconosciamo il nostro valore e quello degli altri.
A livello di gruppo, si creano delle alleanze e il conflitto si può estendere. Cerchiamo invece di vedere sempre l'altro come una RISORSA. Infatti, quando un gruppo lavora per un obiettivo comune (nel nostro caso l'educazione e la formazione dei ragazzi), riconoscendo l'altro come risorsa, il gruppo stesso potenzia le proprie capacità e il conseguimento dei risultati.
Per superare un conflitto, dobbiamo comprendere la motivazione che ne sta alla base e riconoscere che siamo responsabili in prima persona di quello che sentiamo, senza riversare sugli altri la responsabilità del nostro sentire (sbagliato sostenere TU MI FAI ARRABBIARE. Diciamo piuttosto: IO PROVO RABBIA PER IL TUO COMPORTAMENTO.  E domandiamoci: perchè?), altrimenti ci si sente impotenti e non si possono superare determinati stati d'animo e produrre in noi dei cambiamenti.
Facciamo un gioco di ruoli:
vengono scelte due colleghe e vengono fatte sedere l'una di fronte all'altra, per confrontarsi, scambiandosi le identità. Ad una viene chiesto di interpretare i panni dell'altra e viceversa. Viene richiesto loro di esprimere se stesse come se fossero l'altra persona, assumendone anche gli atteggiamenti, nonché le idee.
Al termine del gioco, entrambe hanno EMPATIZZATO e compreso le reciproche posizioni, sulle quali si trovavano in conflitto.
Si può giocare anche da soli: GIOCO DELLA SEDIA CALDA. Si pongono due sedie l'una di fronte all'altra e ci si siede prima su una poi sull'altra, esprimendo opinioni diverse, che rappresentano due parti di noi in conflitto tra loro.

Laura Veroni

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