Come Dio
Comanda
Niccolò Ammaniti
Niccolò Ammaniti
… Bellissimo,
sconvolgente. Un pugno nel cuore.
Un libro che non dà tregua e tiene inchiodati fino all’ultima pagina.
Un’emozione forte, riga dopo riga. Violenta l’anima e lascia storditi.
Un libro che non dà tregua e tiene inchiodati fino all’ultima pagina.
Un’emozione forte, riga dopo riga. Violenta l’anima e lascia storditi.
… Quando
il libro mi è stato prestato, la presentazione è stata: “E’ brutto e volgare.
Non mi è piaciuto per niente. Te lo passo. Poi mi dirai”. La mia amica ed io
avevamo appena comprato l’ultimo di Faletti (Fuori da un evidente destino) e
avevamo fatto a gara a chi lo finiva per prima: aveva vinto lei e così ne aveva
acquistato un altro, questo di Ammaniti appunto. Da come me l’aveva presentato,
non avevo molta voglia di leggerlo. “Troppo sesso, scene pesanti, parolacce a
non finire… “ questo mi aveva detto. “E’ la storia di un padre e di un figlio
disgraziati.”
Mi aspettavo qualcosa tipo un’educazione sessuale moderna, spinta all’estremo. Invece… quale scoperta! Ma che cosa aveva colto la mia amica di queste pagine? Perché era stata colpita solo dalla volgarità? Volgare… è un libro volgare. Beh, certo non si può definire un libro per educande, parolacce ce ne sono a iosa, brutalità pure, sesso? Beh, sì, qualcosa, ma niente di che, non si può certo definire un libro centrato sul sesso. Un rapporto padre/figlio… sì, ma non solo. Una storia di disgraziati? Sì, sicuramente. Ma non di disgraziati nel senso di delinquenti incalliti, bensì di disperati della vita, di senza grazia di Dio, di poveracci, di gente che cerca di sopravvivere in un mondo che li schiaccia e li divora, una storia di deboli e sconfitti dalla vita.
Ammaniti ricorda un po’ il Verga dei Malavoglia, in questo romanzo. Ecco, sì, mi sento di definirlo un Verga moderno, che traccia i profili dei vinti. Un romanzo verista, realista, uno spaccato di vita, di un certo tipo di vita.
Inizialmente compaiono solo quattro personaggi: Cristiano Zena e suo padre Rino, Danilo Aprea e Quattro Formaggi, gli amici di famiglia. Poi il romanzo si allarga ad altri protagonisti: Esmeralda e l’amica, Fabiana Ponticelli, l’assistente sociale Beppe Trecca e qualche personaggio minore, di contorno. Ognuno con la propria storia, che a volte si intreccia inaspettatamente con quella degli altri. E il seme della follia che grava sull’ultima parte del romanzo, serpeggia tra le pagine, s’insinua nell’immaginario del lettore e lo inchioda alla storia, per seguirne l’evoluzione fino alla fine. 495 pagine divorate in quattro giorni, a ritmo serrato, con l’ansia di sapere come sarebbe andato a finire, perché in questa storia non c’è niente di scontato, ma tutto è una rivelazione fino all’ultima parola.
“Buio. Buio fino alla fine. Non c’è luce. Niente.” Questo il commento di un’altra mia amica.
Oddio, che angoscia! Ho pensato. In effetti… buio, buio fino alla fine. Ma… le ultime due righe… io uno spiraglio di luce l’ho visto.
Persino nell’ultima, che potrebbe sembrare negativa e togliere quel barlume di speranza della penultima riga. Sì, persino lì. In quell’ultima riga ho letto un messaggio ben preciso. Certo, le parole lasciano adito alla libera interpretazione, ma la mia è positiva, ottimista. Non voglio dire nulla, per non rovinare il gusto della lettura a chi intendesse accostarvisi.
E’ un libro che senz’altro consiglio. Grande Ammaniti, bravissimo, dallo stile incisivo, dal narrare sciolto e coinvolgente, dai ritmi serrati, dalle descrizioni vive che le scene sembra di vederle, anzi, di più, di viverle.
Mi aspettavo qualcosa tipo un’educazione sessuale moderna, spinta all’estremo. Invece… quale scoperta! Ma che cosa aveva colto la mia amica di queste pagine? Perché era stata colpita solo dalla volgarità? Volgare… è un libro volgare. Beh, certo non si può definire un libro per educande, parolacce ce ne sono a iosa, brutalità pure, sesso? Beh, sì, qualcosa, ma niente di che, non si può certo definire un libro centrato sul sesso. Un rapporto padre/figlio… sì, ma non solo. Una storia di disgraziati? Sì, sicuramente. Ma non di disgraziati nel senso di delinquenti incalliti, bensì di disperati della vita, di senza grazia di Dio, di poveracci, di gente che cerca di sopravvivere in un mondo che li schiaccia e li divora, una storia di deboli e sconfitti dalla vita.
Ammaniti ricorda un po’ il Verga dei Malavoglia, in questo romanzo. Ecco, sì, mi sento di definirlo un Verga moderno, che traccia i profili dei vinti. Un romanzo verista, realista, uno spaccato di vita, di un certo tipo di vita.
Inizialmente compaiono solo quattro personaggi: Cristiano Zena e suo padre Rino, Danilo Aprea e Quattro Formaggi, gli amici di famiglia. Poi il romanzo si allarga ad altri protagonisti: Esmeralda e l’amica, Fabiana Ponticelli, l’assistente sociale Beppe Trecca e qualche personaggio minore, di contorno. Ognuno con la propria storia, che a volte si intreccia inaspettatamente con quella degli altri. E il seme della follia che grava sull’ultima parte del romanzo, serpeggia tra le pagine, s’insinua nell’immaginario del lettore e lo inchioda alla storia, per seguirne l’evoluzione fino alla fine. 495 pagine divorate in quattro giorni, a ritmo serrato, con l’ansia di sapere come sarebbe andato a finire, perché in questa storia non c’è niente di scontato, ma tutto è una rivelazione fino all’ultima parola.
“Buio. Buio fino alla fine. Non c’è luce. Niente.” Questo il commento di un’altra mia amica.
Oddio, che angoscia! Ho pensato. In effetti… buio, buio fino alla fine. Ma… le ultime due righe… io uno spiraglio di luce l’ho visto.
Persino nell’ultima, che potrebbe sembrare negativa e togliere quel barlume di speranza della penultima riga. Sì, persino lì. In quell’ultima riga ho letto un messaggio ben preciso. Certo, le parole lasciano adito alla libera interpretazione, ma la mia è positiva, ottimista. Non voglio dire nulla, per non rovinare il gusto della lettura a chi intendesse accostarvisi.
E’ un libro che senz’altro consiglio. Grande Ammaniti, bravissimo, dallo stile incisivo, dal narrare sciolto e coinvolgente, dai ritmi serrati, dalle descrizioni vive che le scene sembra di vederle, anzi, di più, di viverle.
Rino e
Cristiano Zena sono padre e figlio, e sono una famiglia, perché la madre se n'è
andata e loro vivono soli. Cristiano potrebbe essere un adolescente come tanti,
ma è Rino a non essere un padre come gli altri: disoccupato, emarginato,
violento, alcolista, tenuto sotto controllo dall'assistenza sociale che
minaccia di revocargli la custodia del figlio. Rino tuttavia ama Cristiano e si
dedica a lui: con tenerezza, con affetto vero lo educa alla violenza e al culto
della forza. Con i suoi amici Danilo e Quattro Formaggi non costituisce
soltanto un trio di balordi, ma un vero e proprio clan, appassionato e
affettuoso, che si prende cura del ragazzo. Alle loro vicende si intrecciano
quelle della ragazzina di cui Cristiano è segretamente innamorato, Fabiana, e
della sua amica Esmeralda.
Laura Veroni
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